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martedì 31 gennaio 2017

Fumetti e profumi. Tranquilli, non è un nuovo franchising!

Le sette tavole a fumetti (non consecutive) che appaiono in questo post, sono state fotografate dal n. 15 di Martin Mystère Collezione Storica a Colori (Repubblica-L'Espresso) uscito qualche settimana fa.
Appartengono all'episodio Il sabba delle streghe (testi di Alfredo Castelli, da un'idea di Sauro Pennacchioli, e disegni di Claudio Villa).

La storia fu pubblicata in origine sui numeri 38, 39 e 40 della serie regolare (Sergio Bonelli Editore), nei mesi di maggio, giugno e luglio 1985.

A rivedere e a rileggere oggi queste tavole dopo quasi trentadue anni (sì, ho anche gli albi originali... acquistati all'epoca dal mio ex me stesso quindicenne), ho sentito forte e chiaro il profumo del primo Dylan Dog, un personaggio che avrebbe fatto il suo esordio nelle edicole un anno e mezzo dopo (fine settembre 1986).
E non è soltanto per via dei disegni di Villa! Anche la sceneggiatura di Castelli ha, infatti, le sue brave "responsabilità".

Attenzione:
a scanso di equivoci, ho scritto chiaramente che HO SENTITO IL PROFUMO DEL PRIMO DYLAN, non che NE HO (RI)TROVATO LA SOSTANZA.
Riprendiamo il discorso.

Senz'altro, in quel periodo c'era qualcosa nell'aria. Qualcosa che Alfredo Castelli e Tiziano Sclavi respiravano e metabolizzavano per poi restituire nelle loro storie. Ciascuno a modo suo, indubbiamente e inevitabilmente. Ma tra le tante diversità, i due avevano anche alcune grandi affinità. Affinità che, in molti casi (come questo) non sono tecniche, poetiche o di background. O, comunque, non solo.
È qualcosa che riguarda la capacità di sintonizzarsi con la lunghezza d'onda di un determinato periodo storico. Atmosfere, ritmi, sensazioni, cose non dette, cose desiderate, paure, aspettative. E anche gusti. Non mode in senso di "pecoronismi". Gusti dell'epoca.

Ribadisco che ho circoscritto il discorso all'ambito dei PROFUMI. Un ambito che, è evidente, non riesco bene neppure a spiegare, ma che vorrei poter considerare come il LATO PROFONDO DELL'ESTETICA, se questo non fosse quasi un concetto paradossale.
In ogni caso NON mi sto riferendo alla sfera della SOSTANZA.

Castelli e Sclavi trasferivano tutto questo in un'inquadratura, in un'espressione, in una vignetta, in una tavola, in una sequenza.
E mi fermo alla sequenza, perché poi, se si prendono le storie nella loro interezza allora è palese quanto i due autori fossero in realtà molto diversi.

Mi rendo conto che questi miei pensieri non sono certo indispensabili per la vita sulla Terra. Ma non sono scaturiti a vanvera. Un motivo c'è.

Fateci caso: quando un fumetto seriale/popolare di oggi vi propone delle tavole come queste, la sensazione è quella del "déjà vu", dell'"ispirato a" o del "copiato da", del "cliché di genere", del "ma che palle", del "basta, non lo compro più!".
Questo vale sia che il fumetto si chiami Martin Mystère o Dylan Dog o altro.
E, ogni tanto, succede.
Mentre non succede più tanto spesso che una sequenza ci tocchi nel profondo, anche solo dal lato estetico. Perché?

Io me lo spiego così:
- non solo (e non tanto) oggi ci sono meno autori capaci di fare questo;
- non solo oggi c'è un sistema che spinge verso soluzioni tecnicamente ineccepibili ma spesso standardizzate e preconfezionate;
il fatto è che
- oggi abbiamo smesso di indagare, interpretare e interrogare il nostro presente. Lo viviamo sempre più in automatico. Ci passiamo sopra dopo averlo rivestito di comodità.

Se siamo autori, lo raccontiamo come se fosse altro da noi.
Se siamo lettori, non ci poniamo neppure il problema.
Lo diamo per scontato. Non lo vediamo anche se lo stiamo vivendo. Non lo ascoltiamo. Non potremmo mai sentirne il profumo.

E quindi?
Se qualcuno tra trentadue anni dovesse per caso leggere i fumetti (seriali/popolari) pubblicati nei primi mesi di questo 2017, ne troverebbe ben pochi capaci di restituirgli il profumo del periodo in cui sono stati realizzati e pubblicati.
Quel profumo sarà perso per sempre.
Ciò vuol dire che il lascito di questo nostro presente per gli anni futuri sarà pari a zero.

Un vero peccato, non credete?

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