Tordo II
(USA, 1985)
a cura di Nik Jackholson
Secondo capitolo dell'umana vicenda dell’ex soldato americano John J. Tordo, reduce dal Vietnam.
Quetta, Pakistan, 1983.
Dopo essere riuscito a scappare dall’Afghanistan, John J. Tordo ha un solo obiettivo: tornare in Vietnam e recuperare lo zippo che aveva perso in mezzo alla giungla nel 1971, quando, da soldato statunitense, combatteva i Viet Cong.
Per non dare nell’occhio, Tordo decide di non servirsi di alcun mezzo di trasporto e di raggiungere il Vietnam a piedi.
Comincia così una lunga marcia che gli farà attraversare tutto il Pakistan e buona parte del Nord dell’India, fino a giungere sulle montagne del Nepal, dove potrà finalmente tirare il fiato.
Qui la critica ha speso i proverbiali fiumi d’inchiostro per cercare di spiegare come mai il regista Stord Roolf non abbia fatto riposare un po’ prima il buon Tordo… provate a favi un’idea della distanza tra la città pakistana di Quetta e il Nepal, e capirete il perché.
Questo dubbio, a ormai ventitre anni dall’uscita del film, non è mai stato chiarito.
Dopo una settimana di sonno profondo in una baracca di pastori in mezzo ai monti, Tordo viene svegliato di soprassalto da un manipolo di soldati cinesi e scambiato per un agente in incognito del Dalai Lama. Catturato, viene condotto in Tibet sulla cima dell’Everest e torturato con una fiamma ossidrica.
Nonostante il caldo, Tordo riesce a reagire e, approfittando di una pausa pranzo dei soldati che lo tengono prigioniero, scappa di corsa sul versante Sud dell’Everest e rientra in Nepal, dove può riprendere il sonnellino dal quale era stato interrotto.
Intanto il suo zippo lo aspetta da ormai dodici anni nel cuore della giungla vietnamita, così come i fratelli di Lì-mì-nì-gì-pì-tì-rì, la ragazza con cui ai tempi della campagna americana in Vietnam, Tordo aveva avuto una torbida relazione.
Ma qualcosa lo sveglia di nuovo.
Sono ancora i soldati cinesi che lo avevano catturato e torturato. Tuttavia, stavolta i soldati non lo riconoscono e gli chiedono informazioni su un fuggiasco la cui descrizione pare essere il suo ritratto sputato. A questo punto Tordo non ci vede più e, dopo aver invitato un caffé ai soldati cinesi, chiede loro di accompagnarlo a Kathmandu da un buon oculista.
Dopo qualche mese di cure, Tordo, sposatosi nel frattempo con la sorella di uno dei soldati cinesi immigrata da qualche anno a Kathmandu, si ricorda della sua missione.
Molla la moglie, uccide i soldati cinesi, torna sull’Everest a recuperare una lente a contatto che aveva perso durante la tortura con la fiamma ossidrica, e finalmente si rimette in marcia per il Vietnam.
Un film non all’altezza del primo “Tordo”.
Stord Roolf pare andare a tentoni, brancola nel buio e non ha le idee molto chiare.
Si scoprirà solo nel 1992, in un’intervista concessa dal regista alla BBC, che la ragione di queste difficoltà risiede nel fatto che la sceneggiatura fu scritta solo dopo che il film era stato girato.
A parte questo, il film, a volerlo vedere si lascia (anche) vedere.
* * *
Avvertenza per i lettori: chi avesse perso la recensione del primo film di Tordo, può leggerla su questo stesso blog. La data della sua pubblicazione è il 21 maggio 2008 (3^ puntata della rubrica Al cinema... John e Jack non so!).