se fossi un'automobile...

... sarei una FIAT 850. Ve la ricordate?

sabato 28 giugno 2008

Al cinema... John e Jack non so! (8)



Il 34° trentino
(Italia, 1986)

a cura di Leone Doro

Di ritorno da una domenica di relax in montagna, trentatrè trentini non si accorgono che un’ombra furtiva segue a distanza il loro pacifico trottare.
È un moscone nero delle dimensioni di una poiana.
Brividi…

Il moscone-poiana segue le mosse dei trentatrè fino a che tutti si congedano per fare ritorno alle rispettive case.
Comincia così la notte più lunga di Trento.
Il moscone-poiana prende di mira uno dei trentatrè. Entra con lui in casa senza farsi scoprire e, mentre il trentino si fa la doccia, uccide il criceto che continuava a correre senza motivo nella ruota.
Brividi…

A questo punto irrompe in casa un energumeno di due metri e novanta con una motosega a tracolla e altre due, accese, tra le mani. Entra nella doccia del trentino e lo fa a pezzi con una quarta motosega, che teneva nascosta sotto la canottiera. Poi lo dà in pasto al moscone-poiana che, dopo mangiato, diventa grosso come un pastore tedesco.
Brividi…

L’energumeno con le motoseghe va a caccia degli altri trentadue trentini.
Per altre trentuno volte, sempre nella stessa notte, tutto va liscio.
Ora rimane soltanto l'ultimo dei trentatrè.
Intanto, il moscone-pastore tedesco continua a ripulire i luoghi visitati dall’energumeno con le motoseghe, trasformandosi progressivamente in moscone-mulo, moscone-cammello, moscone-coccodrillo, moscone-giraffa, e così via.
Brividi…

Alla fine, l’energumeno si trova davanti al trentatreesimo trentino che dorme, placido e domingo, nel suo letto. Il mostro accende le sue quattro motoseghe in silenzio (per non farsi scoprire), ma viene tradito dallo “strisciare” del suo moscone che, durante questa lunga notte, ha raggiunto le dimensioni di una balenottera azzurra (33 metri per 155 tonnellate).
Brividi…

Il trentatreesimo trentino si sveglia e riconosce l’energumeno: si tratta di Lello, un ragazzo “motociclistico” (= autistico su due ruote), che più volte, in passato, aveva cercato di entrare nella compagnia dei trentatrè. Lello era stato sempre scartato per insufficienza toracica e, dopo l’ennesimo rifiuto ricevuto, si era ritirato in montagna ad allenarsi per sviluppare il suo fisico.
Ora possiede i requisiti fisici (2 metri e 90 per 300 chili di muscoli e una circonferenza toracica di 2 metri e 45), ma non c’è più con i neuroni.
Brividi…

Il trentatreesimo trentino reagisce.
Salta giù dal letto.
Ma salta troppo “lungo”.
Oltre la finestra.
Siamo al nono piano.
È finita.

Brividi…

Lello, il trentaquattresimo trentino, ha eliminato tutti gli altri. Solo adesso si rende conto che in realtà è divenuto “il primo” trentino. Ma lui ha combattuto per essere il trentaquattresimo, non il primo. La sua vita non ha più senso, così si butta anche lui dalla finestra.
Ultimi brividi…

Il moscone-balenottera azzurra morirà di fame perché, essendosi incastrato nella porta dell’appartamento del trentatreesimo trentino, non riuscirà mai più a liberarsi.
Fine dei brividi.

Un film arrivato nelle sale durante l’ondata di piena del cinema horror anni ’80, quando, sugli scaffali delle edicole, per uno strano fenomeno di poltergeist “a grappolo”, i fumetti si spostavano da soli per fare spazio all’imminente uscita del n. 1 di Dylan Dog…

… mentre, nella torrida estate messicana, l’ultima Italia di Bearzot optava per una siesta collettiva a base di tequila e nachos, dimenticandosi di scendere in campo ogniqualvolta avrebbe dovuto farlo.

L’italiano Ario Astento, in arte Dol Ceremì, sfodera questa pellicola fulminante, illuminata dalla magistrale interpretazione della bravissima e bellissima Rose Purpuree Docairo, nella parte del moscone. Grazie a quel ruolo, la celebre attrice ha ricevuto il cosiddetto Oscar “Primo e Ultimo”, con il quale il premiato si impegna solennemente a concludere immediatamente la sua carriera cinematografica. Una cosa non da tutti.

lunedì 23 giugno 2008

La parola a Mr. Job (5)



I requisiti necessari


Una nostra lettrice di 26 anni, laureata, mi ha raccontato del suo colloquio con il direttore di un’impresa di costruzioni. La ragazza si era presentata per un posto da ingegnere idraulico, ma dai toni del discorso sembrava proprio che non ci fossero speranze.
Lei si è adirata e ha detto: - Insomma, state cercando un laureato in Ingegneria Idraulica con Master in Idrodinamica Avanzata, che abbia non più di 24 anni d’età e almeno cinque anni di esperienza in un’impresa?
Lui ha risposto: - Sì!
Lei: - Si rende conto che non c’è nessuno che possa avere questi requisiti?
Lui: - Sì.
Lei: - E allora cosa bisogna fare?
Lui: - Di più, mia cara… bisogna fare di più!

mercoledì 18 giugno 2008

Who's this cowboy?

Nome: xxxxxxxxxxxxxxxxxx
Data di nascita : xxxxxxxxxx
Altezza: xxxxxxxxxxxxxxxxx
Peso: xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Segni particolari: xxxxxxxxx

Chi rischia: io e Luca Usai.
Tracce nel web:
QUI (western da ridere)
QUA (il nome dello...).
Per ora basta così.
Ma state tutti molto attenti!

PROSSIMAMENTE QUI (e non solo).

sabato 14 giugno 2008

Al cinema... John e Jack non so! (7)





John Tordo(USA, 2008)

a cura di Nik Jackholson

L’ultima pellicola della grande saga dell’ex soldato americano John J. Tordo, reduce dal Vietnam. Il film sul quale nessuno, neanche i dieci lettori di questo blog, avrebbero mai scommesso un solo cent. Invece…

Bawiti, deserto occidentale egiziano, 2002.

Sono passati quasi vent’anni dall’ultima vicenda di John J. Tordo.
Lo avevamo lasciato su un volo dirottato da un gruppo di terroristi afgani e diretto a Teheran. Lo ritroviamo chierichetto in un piccolo monastero di cristiani copti a Bawiti, un’oasi del Sahara egiziano occidentale.
Dai dialoghi iniziali del film, apprendiamo che, dopo essere arrivato a Teheran, Tordo fu costretto a fare il badante dell’anziana madre di un ricchissimo petroliere iraniano, fino alla morte di lei. Una donna insopportabile e acida che lo obbligò per anni a nutrirsi esclusivamente di kiwi e acqua.
Dopo quella drammatica esperienza, non è chiaro quali furono le vicende che portarono Tordo a ritirarsi in Egitto nella piccola comunità copta. Sta di fatto che, in tutti questi anni Tordo pare aver inspiegabilmente abbandonato il suo proposito di tornare nella giungla vietnamita per recuperare lo zippo smarrito nel 1971 durante la campagna militare americana contro i Viet Cong.
L’assenza dal mondo e dai suoi raccapriccianti conflitti per così tanto tempo, hanno trasformato Tordo in un uomo mite e servizievole, quasi debole. Ma questo potrebbe essere causato dal fatto che la sua dieta, fin dai tempi di Teheran, è rimasta quella di un kiwi e un bicchiere d’acqua due volte al giorno.

Depurato nel corpo e nello spirito, Tordo viene convocato dal vescovo copto di Bawiti per una missione. Dovrà portare l’albo numero due della prima edizione italiana di Nembo Kid all’arcivescovo di Bukavu, città del Congo situata a Sud del Lago Kivu, sul confine con il Rwanda.
L’arcivescovo di Bukavu ha preteso questo dono dal vescovo di Bawiti come segno di riconciliazione dopo una violenta disputa telefonica sul colore degli occhi di San Pancrazio. La disputa stava per portare i due uomini di chiesa verso un duello di sciabola all’ultimo sangue, da disputarsi sul campo neutro di Abuja, in Nigeria. Poi il vescovo copto di Bawiti aveva ammesso di non essere riuscito a trovare prove sufficienti a sostegno della sua tesi (secondo cui gli occhi di San Pancrazio erano color salmone), e il fatto si era chiuso pacificamente.

Tordo parte per il Congo e, seguendo la sua antica abitudine, sceglie di andare a piedi. Durante il viaggio, lungo diverse migliaia di chilometri, viene depredato della sacca dei viveri, in cui erano stati stivati circa millesettecento kiwi. Costretto a mangiare le carogne degli animali trovati lungo il cammino, Tordo contrae la Taenia solium, parassita noto anche come Verme solitario, e comincia a deperire sensibilmente. La lunga camminata, poi, non lo aiuta a migliorare la situazione.
Giunto stremato a Bukavu, Tordo è accolto come un re dall’arcivescovo della chiesa locale che, felice per avere finalmente completato la sua collezione di Nembo Kid, dà una festa con un sontuoso banchetto in cui tutti i viveri della sua comunità vengono esauriti.

Il giorno dopo il banchetto, l’arcivescovo si rende conto di aver commesso una leggerezza, ma ormai gli è impossibile rimediare. Infatti la comunità non ha più un soldo in cassa ed è condannata alla fame.
L’arcivescovo convoca Tordo, chiamandolo in confidenza “John”, e gli chiede aiuto. Era dai tempi dell’Afghanistan (nel primo film della serie) che nessuno lo chiamava per nome. Questo fatto riempie di gratitudine Tordo che si convince a farsi operare per estirpare la Taenia solium, alla quale si era ormai affezionato. La Taenia di Tordo è lunga 40 metri (record assoluto per un essere umano) e con le sue carni la comunità di Bukavu potrà sopravvivere per almeno tre settimane.

A questo punto, un giovane della comunità rivela di aver fatto una scoperta sensazionale. Ha trovato un diamante gigantesco e ha bisogno dell’aiuto di tutti i membri della comunità per estrarlo. Cominciano così gli scavi che, nell’arco di qualche mese, rivelano la vera entità del diamante: il cristallo è così grande da occupare un’area di diversi chilometri quadrati tra Congo, Rwanda e Burundi.

Venuti a conoscenza dell’incredibile scoperta, gli eserciti dei tre stati cominciano una sanguinosissima guerra “tutti contro tutti”. Per tre anni, durante l’estate, tordo viene opzionato e acquistato da un esercito diverso. Una volta gli capita perfino di essere ceduto dall’esercito rwandese a quello del Burundi durante il mercato di riparazione di gennaio, a causa delle sue scarse performance durante quella stagione.
Dopo tre anni di morte e distruzione, i generali capi di Stato Maggiore dei tre eserciti si incontrano e trovano una geniale soluzione al conflitto: ogni paese avrà diritto alla porzione di diamante che si trova sotto il suo territorio.

La notizia mette Tordo di buon umore e gli restituisce la voglia e l’entusiasmo per riprendere la ricerca del suo zippo. Così giura a se stesso che, al termine di questa vicenda, si rimetterà in marcia per il Vietnam.

Finalmente il diamante viene estratto e tagliato, d’amore e d’accordo.

Dopo qualche taglio, al suo interno viene trovato un bussolotto di plastica. Tordo, che da anni non vede un uovo di Pasqua, ottiene il permesso di aprirlo. Ne estrae prima un documento che certifica il Made in Taiwan del diamante e poi un piccolo pacchetto incartato, della misura di una scatola di chewingum. Al suo interno c’è lo zippo che Tordo aveva perso nella giungla vietnamita nel 1971, accompagnato da un biglietto con queste parole: “Prendilo e torna a casa. Io, francamente, non ce la faccio più!”, firmato Stord Roolf.

E con questo, sembra che la vicenda sia definitivamente conclusa.
John Tordo è stato acclamato da pubblico e critica come il capolavoro assoluto del regista Stord Roolf. Ma come per tutte le grandi saghe cinematografiche, chi può dire con assoluta certezza che siamo giunti davvero alla…
FINE?

* * *
Avvertenza per i lettori: chi avesse perso la recensione degli altri tre film di Tordo, può leggerli su questo stesso blog. Le date della loro pubblicazione sono 21 e 30 maggio, e 7 giugno 2008.

martedì 10 giugno 2008

La parola a Mr. Job (4)


Articolo 1


Il concetto dell’Italia come “Repubblica fondata sul lavoro”, rimanda all’immagine della casa e delle fondamenta.
Il lavoro e i lavoratori sarebbero dunque assimilabili a quei vari materiali di scarto (pietre, calcinacci, pezzi di ferro arrugginito… per citare solo i più “nobili”) che vengono murati sotto terra e coperti da colate di cemento armato.
Il tutto per sostenere case e palazzi pesantissimi, senza che nessuno si ricordi più di loro.

sabato 7 giugno 2008

Al cinema... John e Jack non so! (6)





Tordo III
(USA, 1988)

a cura di Nik Jackholson

Louangphrabang, Laos, 1984.

La marcia di John J. Tordo verso il Vietnam sta per giungere al termine.
Dopo aver percorso a piedi centinaia e centinaia di chilometri, Tordo fa una breve pausa in un bar di Louangphrabang dove ritrova Lì-mì-nì-gì-pì-tì-rì, la donna con cui aveva avuto una ambigua relazione nel 1971 durante il conflitto vietnamita.
Lì-mì-nì-gì-pì-tì-rì fa la prostituta in quel locale, ed è evidentemente avvinazzata. La donna, ormai non più giovanissima, ha perso la bellezza di un tempo e parla a ruota libera con chiunque, raccontando dei suoi trascorsi in qualità di baldracca ai tempi della guerra in Vietnam.

Tordo capisce che anni prima, quella che credeva la sua ragazza, era in realtà la trottola di tre compagnie di marines in astinenza sessuale. Ecco spiegati tutti quei mal di testa ogni volta che lui le chiedeva di stare insieme durante le libere uscite.
Adirato, Tordo comincia a pestare a sangue la sua ex, ma viene bloccato dai fratelli di lei. Questi non lo hanno mai perso di vista fin dal momento in cui, nel primo film della saga, lo avevano spedito in Afghanistan. I tipi entrano nel locale e confessano a Tordo di conoscere tutti i suoi ultimi movimenti perché sono andati al cinema a vedere il secondo film.

Per sfuggire all’ira di questi energumeni (sono trentacinque gemelli alti 1,80, grossi come tori, armati fino ai denti e incazzati neri), Tordo ha solo un modo: correre più veloce di loro.

La lunga corsa verso l’aeroporto si conclude con Tordo che riesce per un pelo a fare il check-in per l’ultimo volo della giornata diretto ad Hanoi, in Vietnam. I trentacinque fratelli di Lì-mì-nì-gì-pì-tì-rì non sono altrettanto fortunati e dovranno aspettare il primo volo del giorno dopo.

Infastidito per essere costretto a percorrere gli ultimi chilometri del suo viaggio in aereo (ormai farlo tutto a piedi era diventata una questione di principio) Tordo comincia a leggere un libro di Dostoevskij che sua madre gli aveva regalato per i suoi diciassette anni, dicendogli che sembrava fatto apposta per lui. Non avendo mai avuto tempo di leggerlo, ora Tordo è curioso di sapere cosa volesse intendere sua madre e comincia a leggere “L’idiota”.
Tuttavia la stanchezza lo piega nel bel mezzo della seconda riga della prima pagina, e Tordo si addormenta.

Si risveglia diverse ore più tardi all’aeroporto di Damasco in Siria. Mentre dormiva, l’aereo è stato dirottato da un gruppo di terroristi afgani comandati da un brutto ceffo che si fa chiamare Bano. L’aereo ha fatto scalo a Damasco per fare rifornimento sotto la protezione dei siriani, sicuramente amici e complici di quel tale Bano.

Completato il rifornimento, l’aereo riparte verso Teheran.
Tordo comincia a perdere la pazienza. Dopotutto lui voleva soltanto recarsi in un punto preciso della giungla vietnamita a recuperare lo zippo che aveva perso nel 1971, quando combatteva in Vietnam.

Improvvisamente Tordo ha un sussulto… finalmente ha avuto l’intuizione giusta! Ci sono voluti ventidue anni per capire le parole di sua madre a proposito di quel libro.

Stord Roolf consegna alla storia una pellicola carica di introspezione (così, tanto per dire). Meno vivace delle altre due, ma più lenta. Meno bella, ma molto più brutta. Una vera sorpresa annunciata.

* * *
Avvertenza per i lettori: chi avesse perso la recensione dei primi due film di Tordo, può leggerli su questo stesso blog. Le date della loro pubblicazione sono il 21 e il 30 maggio 2008 (3^ e 5^ puntata della rubrica Al cinema... John e Jack non so!).

lunedì 2 giugno 2008

Le ombre di Giuseppe Dessì a fumetti

Nel 2006 la mia amica (e omonima) Alessandra Mocci, mi chiese di realizzare una storia a fumetti per il sito internet del Parco Letterario Giuseppe Dessì.

Dessì, scrittore sardo di grande cultura, sensibilità, capacità ed eleganza, fu uno dei narratori di punta della seconda metà del '900 italiano.



Tra i suoi scritti, Paese d'ombre è senz'altro uno dei più affascinanti e conosciuti. Lo lessi d'un fiato, colmando una lacuna "colpevole" e abnorme.



Ne fui stregato e, per il mio fumetto, scelsi di concentrarmi su un episodio particolare del romanzo: quello dell'eccidio di Buggerru.

Intitolai la storia semplicemente 4 settembre (come la data dell'eccidio).

Il fatto, realmente accaduto nella cittadina mineraria di Buggerru, passò alla storia come uno dei primi tragici scioperi operai italiani del '900.



Rispetto al testo di Dessì, nel racconto a fumetti la prospettiva è ribaltata.
Sante Follesa, spogliato del suo nome e delle sue gesta romanzesche, resta un normale rappresentante dei minatori.

Chi ci conduce nel cuore degli avvenimenti è la figlia del minatore Felice Littera: un personaggio femminile che nel romanzo non ha né nome, né sesso (è solo, genericamente, uno dei suoi tre figli), e che, in queste dieci tavole, trova paradossalmente una dimensione reale proprio quando svanisce nell’ombra dell’oblio, insieme a tutto ciò che la circonda.



La presenza di Dessì nel fumetto è, ovviamente, una licenza che mi sono preso liberamente per ribadire in primo luogo che questa storia è "roba sua", ma soprattutto per evidenziare il senso profondo del romanzo.

Quel senso che appare così ben espresso dal titolo Paese d'ombre e che ritorna prepotente nel finale di queste dieci tavole a fumetti.



I disegni e i colori sono di Luca Usai, per una volta strappato al suo straordinario segno umoristico.

Anche se Luca ha più volte storto il naso, io trovo che il suo lavoro interpreti molto bene il testo di Dessì e la mia modesta sceneggiatura.

La storia, oltre che sul sito http://www.parcodessi.it, è stata pubblicata di recente anche in cartaceo, sul n. 7 - nuova serie - della rivista Macchie d'Inchiostro, dell'Associazione Culturale Chine Vaganti.


4 settembre © Daniele Mocci e Luca Usai