se fossi un'automobile...

... sarei una FIAT 850. Ve la ricordate?

sabato 26 dicembre 2020

Tre miei racconti pubblicati su "Sardinia Post Magazine" nel 2020


Quando, nel 2001-2002, frequentavo il Master in Creative Content Writing a Milano presso l'Istituto Superiore di Comunicazione ("divisione" dell'Istituto Europeo di Design), uno dei docenti più brillanti ribadiva continuamente un concetto: secondo lui stavano ormai tramontando (o erano già tramontati) i tempi in cui un professionista della scrittura poteva permettersi di sviluppare il suo lavoro in un'unica direzione: solo narrativa, solo teatro, solo fumetto, solo cinema, solo comunicazione pubblicitaria, ecc. Le ragioni di un simile fenomeno non erano solo di natura economica, per quanto nel 2001-2002 fossero morti e sepolti i tempi in cui lo scrittore/sceneggiatore/copywriter/ecc. potesse sperare di guadagnare tanti soldi dal suo lavoro in senso stretto (almeno nella stragrande maggioranza dei casi). Lo scenario complessivo, infatti, era già stato investito dagli enormi mutamenti derivati dall'avvento della comunicazione digitale (in tutte le sue forme) e da un progressivo impoverimento/imbarbarimento del livello di alfabetizzazione REALE della popolazione.


In questa situazione, io, che fin da bambino amavo scrivere cose molto diverse, mi sentivo rincuorato (questione economica a parte). Se avessi sviluppato le conoscenze e le capacità necessarie, avrei potuto inserirmi in un contesto "multitasking", in cui scrivere sceneggiature per i fumetti non mi precludesse di scrivere anche per la narrativa, la comunicazione pubblicitaria, il teatro e anche altro.


Negli anni seguenti sviluppai appunto il mio lavoro su queste direttrici, tanto che oggi, quando devo spiegare a qualcuno che lavoro faccio, devo sempre premettere una domanda: "Quanto tempo ho?".

Le righe che ho appena scritto servono per contestualizzare meglio ciò che ogni anno, alla fine di dicembre, mi passa per la testa. Si tratta di un pensiero che parte in automatico nel mio cervello e che va alla ricerca della branca specifica della scrittura che ha prevalso nel mio operato di quella specifica annata.

Non c'è dubbio che, in questo 2020, sul gradino più alto del mio personalissimo podio ci sia la narrativa. Non solo per le conseguenze del romanzo L'ultimo giorno di primavera (Condaghes editrice, Cagliari), pubblicato alla fine del 2019, ma anche (e soprattutto) per alcuni lavori di cui non posso ancora svelare nulla.


Tra le tante "cose di narrativa" che mi sono passate per le mani quest'anno, ci sono tre miei racconti pubblicati sui numeri 23, 24 e 25 della rivista Sardinia Post Magazine (Ico 2006 editore, Cagliari) grazie alle sollecitazioni del mio amico giornalista Manuel Scordo.
I primi due racconti fanno parte di una raccolta che cominciai a scrivere nel lontanissimo 1999 e che non ho mai portato a termine (non ancora, per lo meno!). Si tratta di storie di donne, raccontate in prima persona dalle stesse protagoniste. Ne ho scelte due e le ho rimesse un po' a posto.
La prima, La strada di casa, in origine era intitolata Viaggio in Y10. La storia non ha subito nessuno stravolgimento di trama rispetto all'originale, ma gli oltre venti anni trascorsi dalla sua prima stesura (1999, appunto!) mi hanno aiutato a rileggerla e aggiustarla in alcuni punti cruciali.


La seconda storia, scritta nel 2002 proprio come esercizio del Master di cui ho parlato all'inizio, era intitolata semplicemente M., ma nella versione riveduta e corretta che è stata pubblicata su Sardinia Post, ho preferito aggiungere qualcosa: M. (ottobre a Milano).


Il terzo racconto pubblicato da Sardinia Post è, come si suol dire, tutta un'altra storia.
Scritto durante il lockdown di marzo-maggio 2020 e corredato da una splendida illustrazione di Antonio Lucchi, è stato pubblicato a fine ottobre 2020 nel libro antologico Cagliari 1970 - Tracce oltre la leggenda di Autori Vari, ideato e curato dall'Associazione Chine Vaganti (Catartica edizioni, Sassari), con il titolo Sant'Elia, aprile 1970. Sardinia Post lo ha ripubblicato un mese dopo, dando modo ai suoi lettori di avere un'anteprima sul volume da cui è tratto.


Si tratta di una storia ambientata a Cagliari nell'aprile del 1970, pochi giorni dopo la vittoria del mitico scudetto del Cagliari di Gigi Riva e Manlio Scopigno. La narrazione prende spunto da un fatto realmente accaduto nel quartiere popolare di Sant'Elia, in occasione della visita del Papa Paolo VI. Non aggiungo altro per non rovinare la lettura a qualcuno che non l'ha ancora letto (o su Sardinia Post o direttamente sul libro) e che, magari, ha in programma di leggerlo.


Oltre al grazie obbligato a Manuel Scordo e alla redazione di Sardinia Post Magazine, vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno dedicato qualche minuto del loro tempo a leggere questi tre racconti e, in alcuni casi, a farmi avere le loro impressioni.



sabato 19 dicembre 2020

Per Natale regalatevi un giorno di primavera!

Questo 2020 è stato un anno difficile per tutti.
Intendiamoci... non che gli ultimi vent'anni siano stati proprio una passeggiata. Tuttavia, sul fatto che il 2020 ci abbia sommerso di problemi e difficoltà credo che ci possiamo trovare d'accordo.

Anche il mio romanzo L'ultimo giorno di primavera, pubblicato dalla casa editrice Condaghes di Cagliari nel dicembre del 2019, ha patito una serie di "privazioni" derivate dall'impossibilità di fare un congruo numero di presentazioni in giro. Quantomeno nella mia regione, la Sardegna.

Le poche presentazioni fatte sono state molto belle e, in alcuni casi, assai toccanti.
Qualcosa, poi, si è potuto recuperare con gli eventi online. Ma per quanto internet e la tecnologia ci aiutino, non possono sostituire gli incontri in presenza e, soprattutto, non hanno le caratteristiche per restituire lo stesso impatto emotivo di un incontro nel mondo reale.

Fatte queste (scontate) considerazioni, lasciatemi dire GRAZIE a tutti coloro che hanno acquistato il libro. A tutti coloro che lo hanno letto e che, nei modi più disparati, hanno espresso un parere o una sensazione. A tutti coloro che lo hanno regalato. E a tutti coloro che lo hanno portato nelle scuole per farlo conoscere ai lettori più giovani. Siete stati meravigliosi, e mi avete dato la misura di quanto valga la pena di continuare a proporlo anche nel corso del 2021. Se non altro per arrivare a quelle persone che ancora non lo conoscono e che potrebbero incuriosirsi dai suoi contenuti e dai temi che tratta.

In questi nostri tempi, la maggior parte dei libri "dura poco".
Se un titolo riesce a resistere negli scaffali delle librerie per un anno è già qualcosa di straordinario. Stesso dicasi sulla tenuta e sulla quantità delle presentazioni in giro per fiere, festival ed eventi culturali di varia natura.

Eppure, da gennaio 2021, dovrò far finta che L'ultimo giorno di primavera sia appena uscito, in modo da fargli vivere almeno una piccola parte di quello che si è perso nel 2020.
Vorrà dire che mi rimboccherò le maniche ancora di più. E, con me, dovranno rimboccarsele (se vorranno!) tutti quelli che pensano ne valga la pena!

Intanto, ne approfitto per augurarvi BUONE FESTE e per darvi un piccolo suggerimento:
PER NATALE
REGALATEVI UN GIORNO DI PRIMAVERA!

O, magari, regalatelo a qualcuno a cui volete bene.
Che sia bambino, ragazzo o adulto. Figlio, genitore o nonno.
Non ci sono età prestabilite per leggere questa storia.

#lultimogiornodiprimavera

sabato 28 novembre 2020

Di arte, di cultura, di fumetto, di ignoranza e (naturalmente) di supercazzole

Cesare Maria Pietroiusti
Presidente dell'Azienda Speciale Palaexpo di Roma

La parola e il concetto di ARTE (così come quella/quello di ARTISTA) mi hanno sempre messo in difficoltà.
I motivi sono tantissimi, a cominciare dal significato della parola ARTE. Anzi, dai diversi significati che ha, che può assumere e che le vengono attribuiti. Per mantenermi il più neutrale possibile, almeno in queste prime righe, vi rimando alla pagina del dizionario Treccani in cui si illustrano i principali significati (click QUI per leggerla).
Ma il discorso non si ferma certo alla definizione "treccaniana", sia per la complessità degli argomenti in gioco, che per la varietà dei cervelli umani che continuano ad attribuire significati, interpretazioni e sfumature sempre differenti. Da una parte, questa proliferazione di significati, interpretazioni e sfumature è senz'altro normale per via dei tempi e dei contesti che cambiano: nel Rinascimento ARTE e ARTISTA, con buone probabilità, avevano accezioni differenti da quelle di oggi. O, se non differenti, probabilmente più limitate e circoscritte. Dall'altra parte, l'analfabetismo di ritorno che interessa la nostra epoca da almeno trent'anni, porta milioni di persone a considerare ARTE anche quella di un/una qualsiasi presentatore/trice blateratore/trice di talk show televisivo o quella di un/una valletto/a capace a malapena di esibire le sue grazie (per fare solo due esempi presi dal mucchio).
Di conseguenza, una miriade di persone/personaggi mediocri e dotati solo di parlantina "a mitraglia" o di corpi attraenti si trasformano automaticamente in ARTISTI per l'opinione pubblica media.
La tendenza va sempre più nella direzione di sovrapporre automaticamente i concetti di ARTE/ARTISTA con quelli di INTRATTENIMENTO/INTRATTENITORE senza quasi prevedere più che un artista non per forza deve essere intrattenitore (e viceversa): può succedere, ma non è sempre valido. Stessa cosa vale per gli accostamenti tra ARTE/ARTISTA con INDIVIDUI CAPACI DI DIRE/FARE COSE ECLATANTI, STUPEFACENTI, DISTURBANTI O AVANGUARDISTICHE.
La costante perdita di parole nel nostro vocabolario quotidiano ci fa raggruppare in categorie improprie una serie di concetti che in realtà andrebbero collocati in categorie differenti. Ma, appunto, non abbiamo più a disposizione i vocaboli (e quindi le categorie) per farlo. E così la sintesi diventa banale semplificazione, con il risultato di rendere tutti più ignoranti, incapaci e inconsapevoli.

E ora veniamo al punto.

Qualche giorno fa, sulle pagine del quotidiano Il Messaggero, Cesare Maria Pietroiusti (artista/avanguardista nonché presidente dell'Azienda Speciale Palaexpo - ente pubblico di Roma Capitale) ha dato l'avviso di sfratto al celebre festival del fumetto ARF dai locali dell'ex Mattatoio di Testaccio, in cui il festival si tiene da diversi anni. Queste sono le sue parole: "(il mandato ricevuto dall'Amministrazione Capitolina) prevede la valorizzazione del Mattatoio come spazio di formazione, didattica, produzione e presentazione delle pratiche legate alle arti performative". Poi, ancora: "Tutte le mostre saranno a cavallo tra arti visive e performative. Grande spazio sarà dato alla formazione (...)" e (il fumetto) "difficilmente potrebbe rientrare nelle arti performative". Infine: "Il festival ha una parte commerciale, e affinché una sezione economica possa essere contemplata occorre una motivazione culturale".
In soldoni, Pietroiusti dice che il Festival ARF non può più stare all'ex Mattatoio di Testaccio perché il fumetto non è un'arte performativa (e forse neanche visiva); con il fumetto non si fa didattica e/o formazione; la parte commerciale del festival non è sorretta da una motivazione culturale.
Insomma, Pietroiusti, che, come si evince dall'immagine in apertura e da quella qui sotto, è un artista visivo-performativo che fa didattica e formazione e che non si sognerebbe mai di commercializzare la sua arte senza una motivazione culturale, non ne azzecca nemmeno una.

Pietroiusti durante una sua performance artistico/avanguardista

Perché?

1) Il fumetto, linguaggio visivo per sua stessa natura, è (o, comunque, può essere) ARTE. Non tutti i fumetti sono arte, questo lo sanno anche gli asini, così come anche gli asini sanno che non tutti i film, i quadri, le opere teatrali, le opere musicali, le sculture e le performance avanguardistiche sono arte. Quindi, per la proprietà transitiva, il fumetto è (o, comunque, può essere) ARTE VISIVA.
E questo è un dato oggettivo. Solo un ignorante può sostenere il contrario.

2) Il fumetto è (o, comunque, può essere) ARTE PERFORMATIVA.
Vent'anni fa, la "mia" associazione culturale nata nel 1997 per lo studio, la diffusione e la promozione del fumetto (Chine Vaganti) fu invitata in un comune della Sardegna in cui si teneva l'incontro dei Consigli Comunali dei Ragazzi di svariati comuni di tutta l'isola.
Si fecero mille iniziative all'aperto, nelle strade e nelle piazze del paese. Centinaia di bambini, ragazzini e adulti furono coinvolti in una miriade di attività ludiche, didattiche, formative e culturali, tra cui le nostre legate al fumetto e al linguaggio per immagini (ARTE VISIVA? Chissà...). I nostri disegnatori si produssero in realizzazioni dal vivo, di fronte a questa marea di persone, disegnando tavole a fumetti su fogli di varie grandezze, da sceneggiature che io e altri sceneggiatori come me avevamo scritto nelle settimane precedenti.
Questo microscopico esempio non è certo né il primo, né l'unico, né l'ultimo e né il più rilevante delle migliaia di altri che da sempre autori (piccoli, medi, grandi e grandissimi), fiere e festival di settore fanno in tutta Italia e in tutto il mondo:
- sceneggiatori riuniti in grandi stanzoni che lavorano a più mani contemporaneamente;
- disegnatori che lavorano con matite, inchiostro di china e/o colori di varia natura su supporti reali (carta, pannelli di altri materiali, muri, ecc.) o virtuali (schermi collegati alle loro tavolette grafiche, ecc.).
Il tutto come esperienze dal vivo, di fronte e a contatto con il pubblico. A quel che mi risulta, l'ARF lo ha sempre fatto, coinvolgendo anche autori di grandissimo livello, che sono assolutamente considerabili e considerati ARTISTI.
Anche la capacità performativa del fumetto è, dunque, un dato di fatto. Solo un ignorante può sostenere il contrario.
Su questo punto aggiungo una piccola nota finale: ma che definizione di merda è "ARTE PERFORMATIVA"? Bleah!

Altra performance artistico/avanguardista di Pietroiusti

Performance fumettistica al Festival ARF (Roma)

Performance fumettistica al Festival ARF (Roma)

3) Il fumetto, come e più di molte altre arti, è un veicolo incredibilmente efficace e STRA USATO da sempre per la DIDATTICA e la FORMAZIONE. E non parlo solo delle tantissime ed eccellenti scuole di fumetto che troviamo in tutta Italia e in tutto il mondo.
Mi riferisco anche alla fenomenale funzione che esso può avere nella didattica a tutti i livelli. Basti pensare a quanto sia utilizzato nei processi di educazione all'immagine per i bambini e i ragazzini (giusto per tornare al fatto che sia o meno un'ARTE VISIVA). Basti pensare a come educa le persone a decodificare e correlare il linguaggio delle parole e quello delle immagini. E a quanto possa essere determinante per lo sviluppo dei processi di logica di base, in virtù della sua peculiare (e certificata) caratteristica di ARTE SEQUENZIALE (definizione coniata da quel genio di Will Eisner, uno degli artisti del fumetto più importanti di ogni epoca). Se poi qualcuno non dovesse aver mai sentito parlare di arte sequenziale in riferimento al fumetto, e se non sapesse a cosa si riferisca, allora è ancora una volta un problema di ignoranza.

Dal 1998, io faccio corsi e laboratori di fumetto nelle scuole (primarie, secondarie di primo e secondo grado, svariate situazioni extrascolastiche, Scuola di fumetto Fumé di Cagliari). Una volta ho portato il fumetto anche all'Università di Cagliari, grazie a un gruppo di studio sul fumetto costituito da (e di) docenti del medesimo ateneo, insieme ad alcuni altri docenti universitari di Roma e Nanterre. Ho fatto ormai centinaia di corsi, laboratori, workshop, mostre e altre attività legate al fumetto con migliaia di allievi. Attraverso il fumetto, i miei allievi hanno studiato e approfondito fatti e personaggi storici, geografia, opere della letteratura, problematiche legate alla salvaguardia dell'ambiente, ai sentimenti, a questioni sociali, alla protezione degli animali a rischio di estinzione. In alcune circostanze ho mixato il linguaggio del fumetto con quello del teatro e con altri linguaggi. Ho lavorato con bambini e ragazzini su questioni relative all'emancipazione femminile, portando in giro uno dei libri a fumetti che ho scritto e pubblicato. E questo, solo per restare nel mio ambito microscopico.
Per ampliare il campo, dico che queste cose le fanno una miriade di altri autori e operatori del settore in mille contesti differenti: dalla scuola pubblica a quella privata, dagli enti pubblici alle biblioteche, dalle librerie ai musei, dalle associazioni alle aziende private, dalle fiere ai festival culturali, ARF compreso (con workshop, laboratori esperienziali, masterclass anche di altissimo livello, ecc.).
Senza contare quanto il linguaggio del fumetto sia utilizzato nelle accademie e nelle scuole d'arte, così come in corsi e scuole di comunicazione, come materia "apripista" e spesso propedeutica per un ventaglio ampissimo di linguaggi artistici e creativi.
Tutte queste cose sulla valenza didattica e formativa del fumetto sono ennesimi dati di fatto. Solo un ignorante può sostenere il contrario.

Fumetto e didattica al Festival ARF (Roma)

Fumetto e formazione al Festival ARF (Roma)

4) Introduco quest'ultimo punto con una serie di domande: quando un pittore vende quadri nel contesto di mostre, fiere e festival di settore, forse non incassa dei soldi per i suoi lavori (o per le riproduzioni/stampe degli stessi)? Qualcuno obietta qualcosa? E se lo fa uno scultore nei contesti appropriati, che succede? Quando si va ad assistere a spettacoli teatrali o musicali, forse non si paga il biglietto? Forse qualcuno ha da obiettare per questo?
Tutto va bene finché non ci sono i famigerati fumetti di mezzo: quei "disegnetti" che ancora qualcuno si ostina pervicacemente a considerare lo scarto dello scarto, ignorando che il fumetto, da sempre e in tutto il mondo, Italia compresa, ha partorito (e continua a partorire) artisti di caratura elevatissima e opere d'arte immortali, spesso rivoluzionarie e, in ogni caso, straordinarie.
Perché dunque l'artista/avanguardista nonché presidente dell'Azienda Speciale Palaexpo di Roma deve porre la questione della necessità di una "MOTIVAZIONE CULTURALE" per l'esistenza di una sezione dedicata al commercio SOLO ED ESCLUSIVAMENTE in rapporto ai fumetti dell'ARF? Forse dà per scontato che in un festival di pittura o scultura o teatro quella motivazione ci sia già per il solo fatto che si tratta di pittura, scultura o teatro, mentre per il fumetto no? Sulla base di quale teoria, convinzione o ragionamento? Sembra evidente che il suddetto artista/avanguardista/presidente ignori totalmente la recente azione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali che, attraverso la sua Direzione Generale Creatività Contemporanea, riconosce e include formalmente il fumetto tra le discipline di cui già si occupa: arte contemporanea, architettura, fotografia, videoarte e arti applicate, moda, design.

Che il fumetto fosse un generatore e un veicolo di CULTURA è l'ennesimo dato di fatto che sapevano già tutti, anche gli asini. Solo un ignorante, anzi, un asino ignorante può sostenere il contrario.

L'ARF è uno dei tantissimi festival che sostengono
e promuovono il valore culturale del fumetto

Chiudo con qualche altro quesito.

Ha più rilevanza culturale il fumetto o certa pseudo arte performativa in cui certi pseudo artisti avanguardisti compiono gesti astrusi, eclatanti o perfino idioti, nella vana speranza di scioccare, colpire o turbare qualcuno? Ha più valore culturale la storia mondiale e ultracentenaria di un medium come il fumetto o le supercazzole che certi artisti avanguardisti cercano di somministrare al pubblico per giustificarsi di aver defecato nudi in un parco?
Lei, caro signor Pietroiusti, sa qual è la risposta?
Eh, no che non lo sa! Come non sapeva nessuna delle cose che ha sparato a vanvera sul fumetto per giustificare lo sfratto dell'ARF dall'ex Mattatoio di Testaccio.
Bene, gliela dico io.
La risposta è che se per lei ha più valore la pseudo arte performativa proposta dallo pseudo artista supercazzolaro, la stragrande maggioranza dei fumettisti non si pone neppure il problema. Perché per la stragrande maggioranza dei fumettisti ogni forma di espressione, se è onesta intellettualmente, ha la medesima dignità e ha gli stessi diritti di essere praticata e proposta al pubblico.
Per cui, scenda dal suo piedistallo e, se è davvero l'artista che dice di essere, ragioni con una mentalità votata al dialogo e, soprattutto, alla conoscenza e alla comprensione profonda di ciò che non conosce. Smetta di osteggiare chi è diverso da lei e dal suo mondo. Sia capace di vedere e di ascoltare. Del resto, lo stipendio che lei percepisce quale presidente dell'ente a cui è stato messo a capo, la obbliga deontologicamente a essere un "dirigente di cultura" e non un talebano settario e squadrista.
Faccia la cortesia, svolga con spirito di servizio il suo lavoro.
Oppure lo lasci fare a qualcun altro più dotato, più qualificato, più intelligente, meno snob, meno arrogante e meno ignorante di lei.


Nota (1): ho preso le immagini di Pietroiusti da alcuni siti web facilmente rintracciabili da chiunque.

Nota (2): ho preso le immagini del festival ARF dalla pagina facebook dello stesso festival. Le scritte in quelle foto (ironicamente polemiche) sono state inserite degli stessi organizzatori dell'ARF, a indicare tutto ciò che Pietroiusti non riconosce al medium fumetto e al festival ARF: caratteri che, in realtà, sono parte integrante DA SEMPRE sia dell'uno che dell'altro.
Beata (o maledetta) ignoranza!

domenica 22 novembre 2020

Come NON si scrive una storia: il caso del nuovo spot di Telefono Azzurro













Pochi giorni fa è stato lanciato il nuovo spot del Telefono Azzurro.
Ci sono una marea di cose sbagliate in questo "lavoro", realizzato dall’agenzia di comunicazione Havas Milan (un grosso network con quartier generale a New York, 20.000 dipendenti in 100 Paesi del mondo e due sedi italiane a Milano e Roma) con l'approvazione convinta dei vertici dello stesso Telefono Azzurro.
I problemi (gravissimi) riguardano proprio l'ideazione, la scrittura e la realizzazione dello spot, e vengono molto prima delle implicazioni “a valle” che hanno scatenato (a buon diritto) l’ira degli amanti degli animali e degli animalisti (due “categorie” non necessariamente coincidenti), degli educatori e di moltissimi cittadini italiani.
Sono lacune (ma è più appropriato parlare di voragini) di natura tecnica e creativa. Errori che qualsiasi studente di un corso base di comunicazione risolverebbe, grazie ai suoi docenti e a una sufficiente applicazione negli studi, fin dalle primissime lezioni.
Ne indico alcuni.

1) La decisione di ambientare la vicenda in una situazione di emergenza che richiama, in via prioritaria, l’intervento dei Vigili del Fuoco e non del Telefono Azzurro. Questo è il primo errore grossolano: se vuoi parlare di un problema (specie in uno spot di pochi secondi), concentra l’attenzione del pubblico su quel problema, senza disperderla in altre direzioni.

2) La presenza del cane. Il motivo è lo stesso del punto 1. Perché aggiungere un altro elemento di “distrazione”, se l'obiettivo è parlare dei bambini? Anche in questo caso, si aggiunge un problema al problema. E cominciano a venire i dubbi su quale sia la vera missione da compiere, quale l’obiettivo da raggiungere, quale il target di riferimento: a chi sta parlando questo spot? Agli adulti? Ai bambini? Agli animalisti? Ai sostenitori della supremazia dell’essere umano nei confronti degli animali?

3) La “pseudo metafora” che i vertici del Telefono Azzurro hanno tirato goffamente in ballo, dopo le accuse piovute da tutta Italia: il tizio che salva il cane non avrebbe – SECONDO LORO – scelto tra il cane e i bambini, ma avrebbe salvato il cane come metafora del fatto che i bambini ai suoi occhi sono invisibili. Beh, cari miei, le metafore sono tutta un’altra cosa. Questa non è e non può essere una metafora. Andare a scuola, please!

4) L’hashtag “primaibambini”: una roba che fa venire i brividi e che si commenta da sola. Ma che soprattutto distrugge in modo definitivo la scusa della “metafora” tirata in ballo dai vertici del Telefono Azzurro: infatti, con l’hashtag “primaibambini” si sta mettendo chiaramente in evidenza LA SCELTA CONSAPEVOLE che il tizio fa tra il salvataggio del cane e quello dei bambini. Una maldestra contraddizione, quindi, che fa incavolare ancora di più le folle (chi è causa del suo mal…).

5) Nel finale non si capisce quale debba essere il pensiero che il pubblico deve partorire: i due bambini dovrebbero chiamare il Telefono Azzurro per “denunciare” il tizio che ha salvato il cane e non loro? Oppure dovrebbero chiamare i Vigili del Fuoco per farsi salvare la vita? (ammesso che, in quella condizione siano in grado di fare una telefonata a qualcuno!).

6) In tutto lo spot è pressoché impossibile per qualsiasi spettatore identificarsi in uno dei personaggi o nella situazione raccontata. E questo è piuttosto curioso, in uno spot che pretende dichiaratamente di essere scioccante e provocatorio! Se nessuno si identifica in niente, spiegatemi voi, cari geni del Telefono Azzurro o dell’agenzia di comunicazione Havas Milan, come possiamo scioccare o provocare! L’unica provocazione che suscita questo “lavoro” è quella sull’intelligenza dello spettatore! E infatti, a mio parere, questa robaccia ha fatto indignare tutti non tanto e non solo per la scelta (irreale/surreale) tra cane e bambini, quanto perché tratta gli spettatori da idioti.

7) Alla fine dello spot, nei penosi testi che appaiono in video, c’è pure il riferimento a questi tempi “di pandemia”. La domanda parte in automatico: cosa c’entra la pandemia, in rapporto a tutto quello che vediamo nello spot? La risposta è, ovviamente, NIENTE DI NIENTE. Ma, tanto… tutto fa brodo, giusto? L’importante è che se ne parli. Che tristezza!

8) Indisponente è, poi, anche il richiamo agli action movie americani: nella situazione alla “Die Hard”, nella colonna sonora, nel tizio-eroe che, mentre tutti fuggono via dal palazzo in fiamme, decide con “encomiabile coraggio e sprezzo del pericolo” di salire su per le scale per compiere il suo gesto/atto eroico (è del tutto evidente che lo fa solo per lo spettatore e non per se stesso o per chi potrebbe/dovrebbe/vorrebbe salvare). Insomma: è tutto finto, fasullo, farlocco e posticcio. Non c’è un solo grammo di coinvolgimento emotivo. Non c’è il benché minimo briciolo di empatia.

9) Ah, poi… ovviamente i bambini non strillano (così... magari per farsi notare... magari per “risvegliare” il tizio-eroe dalla sua presunta e assolutamente NON credibile cecità che gli fa vedere e salvare solo il cane!).

10) I vertici di Telefono Azzurro hanno dichiarato che l’obiettivo di questo spot era quello di attirare l’attenzione sul problema dei bambini (ancora più bistrattati e ignorati del normale, in questo periodo di pandemia). E hanno deciso di farlo in modo duro e scioccante. Tuttavia, non hanno attirato l’attenzione di nessuno sul problema dei bambini, anche perché produrre uno spot-porcheria non vuol dire scioccare. Per scioccare qualcuno in uno spot di pochi secondi, occorre focalizzarsi su un argomento/questione e lavorare a fondo su quello. Qui si è aggiunto di tutto e, alla fine, il problema dei bambini in rapporto alla mission di Telefono Azzurro è sparito dai radar. Anzi, non c’è mai stato, dal primo all’ultimo fotogramma. In comunicazione NON si lavora così. E la creatività non è aggiungere un incendio in cui un tizio-eroe alla Bruce Willis risale le scale come un salmone, mentre tutti gli altri fuggono via dal palazzo in fiamme. Non è far salvare un cane al tizio-eroe-Bruce-Willis, mentre due bambini sono lì, accanto al cane, e lui nemmeno li vede! Scioccare il pubblico con la creatività si può anche fare. Ma, obiettivamente, questo spot può soltanto fare inorridire non solo lo spettatore medio, ma qualsiasi persona che abbia un’infarinatura (anche minima) di come si scrive una storia.

Insomma...
Soggetto, sceneggiatura e regia: sbagliati, sballati e atroci in senso assoluto (sarebbe bastata una sommaria lettura dello script per capire immediatamente che questo “lavoro” era destinato a diventare un bagno di sangue, un flop totale, un naufragio penoso).
Obiettivi di comunicazione: inesistenti.
Target di riferimento: non pervenuto.
Tono della comunicazione: cannato in pieno.
Conoscenza del cliente (Telefono Azzurro) e della sua mission: zero (ma non solo da parte dell’agenzia di comunicazione; perfino il cliente, infatti, ha dimostrato di non conoscere se stesso; il che farebbe anche ridere, se non ci fosse di mezzo il rispetto per i bambini!).
Deontologia professionale: sotto la suola delle scarpe.

P.S.: non metto il link al video (pubblicato sulle pagine facebook di Telefono Azzurro e dell’agenzia Havas Milan) per il semplice motivo che non voglio contribuire a dargli visibilità su un mio “canale”. Ma potete facilmente trovarlo, almeno finché qualche autorità con un po’ di sale in zucca non lo bloccherà, costringendo i suoi autori a cancellarlo per sempre, per oltraggio all’umana intelligenza. Mi è costata una grande fatica pubblicare anche solo l’immagine che vedete al principio di questo post, in cui si possono leggere le pessime parole che appaiono in video nella parte finale di questo obbrobrio.

P.S. (2): lo spot è stato ritirato stasera stessa (22 novembre 2020). Era davvero l'unica cosa da fare. Amen.

lunedì 31 agosto 2020

L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA al Festival Letterario del Monreale / SAN GAVINO MONREALE, 6 settembre 2020


Ed eccoci nel tunnel che, dagli spogliatoi, ci conduce al terreno di gioco per una nuova grande partita.

Da 3 al 6 settembre 2020, a SAN GAVINO MONREALE (Sud Sardegna), ci sarà la seconda edizione del Festival Letterario del Monreale.
Gli impegni per il gruppo organizzatore, con il quale mi onoro di collaborare per numerosi aspetti della manifestazione, sono stati (e saranno ancora) tanti e faticosi.
Una quantità impressionante di ospiti, molti dei quali autentici fuoriclasse, animeranno gli eventi in programma.

Per me sarà un'emozione unica presentare per la prima volta nel mio paese il romanzo L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA (Condaghes editrice). Una presentazione che si annuncia diversa da tutte le altre, perché molti miei amici e compaesani conoscono i personaggi, i luoghi e le situazioni reali da cui ho tratto spunto per scrivere il libro.

Domenica 6 settembre potremo finalmente vederci di persona e parlarne.
Vi aspetto anche per ringraziarvi dell'affetto con cui avete accolto questo mio lavoro.

#lultimogiornodiprimavera
#festivalletterariodelmonreale


giovedì 27 agosto 2020

Dal romanzo e dalla strada della mia infanzia...


La storia che ho raccontato ne L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA (Condaghes editrice) è ispirata a molte cose della mia infanzia.
Anche se non li ho nominati esplicitamente nel libro, i luoghi in cui si svolgono le vicende sono quelli del mio paese (San Gavino Monreale - Sud Sardegna). In particolare c'è una stradina, via degli Olmi, in cui si trova la casa di nonno Raffaele e nonna Giovanna.

Il dipinto che vedete nell'immagine qui sopra, accanto alla copertina del libro, è opera del pittore e illustratore sangavinese Giacomo Putzu e riporta un piccolo cancello di legno che ancora oggi si trova (esattamente com'è stato dipinto) nella strada della mia infanzia.

Quel cancello, realizzato secondo i criteri tradizionali dell'architettura popolare campidanese, è stato testimone di mille partite di "pallastrada" (come direbbe il maestro Stefano Benni) e giochi di ogni genere: nascondino 1-2-3 stella, gioco del piede (o campana o paradiso), ecc.

Quel cancello ha visto passare mille volte Lorenzo, Elisa e tutti i personaggi del romanzo. Li ha visti crescere e cambiare. E oggi, oltre a vederli ancora - ormai cinquantenni e ultrasettantenni - porta la memoria di quelli che non ci sono più.

Ringrazio Giacomo per averlo immortalato in questo bel quadro.


#lultimogiornodiprimavera

lunedì 17 agosto 2020

L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA al Festival BaB (Bimbi a Bordo) / GUSPINI, 29 agosto 2020


Sabato 29 agosto 2020 sarò ospite al Festival della Letteratura per Ragazzi BaB (Bimbi a Bordo) / Visti dall'Alto, che si terrà come ogni anno nel Comune di GUSPINI (Sud Sardegna).

Per questa edizione del BaB proporrò un incontro-laboratorio di scrittura creativa ispirato al mio romanzo L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA (Condaghes editrice), intitolato LA SESTA PROVA.

L'incontro, riservato ai bambini e ai ragazzi dai 9 anni in su, avrà luogo presso lo SPAZIO 7 in via Caprera, a partire dalle ore 11:30.

Per leggere e scaricare il programma completo del Festival BaB 2020 in formato PDF, fate click QUI.

Vi aspetto a GUSPINI, sabato 29 agosto!


#lultimogiornodiprimavera

venerdì 7 agosto 2020

Arrivano i festival letterari 2020 per L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA

L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA (Condaghes editrice) scalpita - proprio come il suo autore - per incontrarvi.

Nell'elenco qui sotto, vi do qualche indicazione sui prossimi appuntamenti del 2020 (presentazioni, laboratori e/o altro).
Appena i programmi saranno ufficializzati, comunicherò tutti i dettagli su DATE, ORARI e ulteriori eventuali appuntamenti:

    - Bimbi a Bordo (Festival della letteratura per ragazzi) - GUSPINI - fine agosto

    - Festival Letterario del Monreale - SAN GAVINO MONREALE - primo week end di settembre

    - Festival Stràngius (Festival internazionale della letteratura autobiografica) - SERRAMANNA - quarta settimana di settembre

    - Fiera del libro di Iglesias - IGLESIAS - primi giorni di ottobre.

Chi volesse organizzare una presentazione o un laboratorio ispirato ai temi del romanzo, può contattarmi in privato sulla chat di Messenger o sul mio profilo LinkedIN.

Vi aspetto!


#lultimogiornodiprimavera

venerdì 31 luglio 2020

LA STRADA DI CASA, un mio racconto inedito su Sardinia Post Magazine

Sul nuovo numero cartaceo di Sardinia Post Magazine, uscito nei giorni scorsi, è stato pubblicato La strada di casa, un mio racconto inedito.

Una giovane donna parte da La Maddalena verso Carloforte a bordo della sua auto. Un viaggio lungo e difficile.
Cosa succederà sulla Strada Statale 131?

La rivista è disponibile SOLO NELLE EDICOLE DI CAGLIARI, ma è anche acquistabile online in formato digitale.

Sarei molto felice di ricevere le vostre impressioni.

Buona lettura.

sabato 4 luglio 2020

Due chiacchiere (prima in video e poi nel mondo reale) sul mio romanzo L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA

Il filmato che compare in questo post è stato registrato da me il 28 marzo 2020, in piena quarantena da Coronavirus. Si tratta di uno dei tanti "video" registrati nel mio studio durante quel periodo. L'obiettivo era sempre lo stesso: pubblicarli su facebook per tenere vivi i contatti non solo con i miei lettori, ma - più in generale - con il mondo. E, naturalmente, con le persone interessate ai libri, alla lettura e alla scrittura.
Nello specifico, questo video è stato realizzato per la Biblioteca Comunale di Zeddiani (comune in provincia di Oristano) nel contesto delle iniziative di FieraOFF - Fiera del Libro di Iglesias 2020, organizzate dall'Associazione ArgoNautilus.
Nel filmato, rispondo a una serie di domande sul mio romanzo L'ULTIMO GIORNO DI PRIMAVERA, pubblicato dalla casa editrice Condaghes di Cagliari nel dicembre del 2019 e ristampato dopo meno di tre mesi dalla sua uscita, appena qualche giorno prima degli "arresti domiciliari" a cui siamo stati costretti dal virus.


Oggi, a quarantena finita (speriamo per sempre!) stiamo provando a riprendere le normali attività.
La prima presentazione dal vivo dopo il "blocco" l'ho fatta a Portoscuso il 20 giugno scorso, l'ultimo giorno di primavera: non potevamo scegliere una data più giusta!



Ancora una volta c'entrano la Fiera del Libro di Iglesias e i suoi organizzatori: gli splendidi amici dell'Associazione ArgoNautilus. Sono loro infatti che organizzano il Kimbe BookFest nella piazzetta di fronte al Kimbe Bar di Portoscuso, a pochi passi dal porticciolo turistico di questo suggestivo paese dell'iglesiente, in Sardegna.
Federica Musu e Francesca Spanu hanno condotto la serata in modo impeccabile, alternando sapientemente momenti di grande profondità con altri di divertimento puro.

È stata una serata bellissima, in cui finalmente ho potuto (ri)incontrare tante persone a me care e conoscerne altre ancora, in un luogo FISICO e senza la mediazione della tecnologia informatica... che... per quanto sia una cosa meravigliosa, resta (e per me resterà sempre) uno strumento "utile solo quando serve". Ma non potrà mai sostituirsi alla vita vera e al mondo reale.

Il mio grazie va ovviamente a tutti gli amici che hanno continuato a seguirmi su internet durante i lunghi mesi della quarantena; all'Associazione ArgoNautilus, alla Fiera del Libro di Iglesias; alla casa editrice Condaghes di Cagliari e all'editore Francesco Cheratzu; al Comune e alla Biblioteca comunale di Zeddiani (OR); al Comune di Portoscuso; al Kimbe Bar di Portoscuso. Poi a Maurizio Cristella, Eleonora Carta, Erika Carta, Federica Musu, Francesca Spanu e a tutti i presenti all'evento di Portoscuso.

Ecco alcune immagini significative del 20 giugno 2020 a Portoscuso.




lunedì 11 maggio 2020

SPAM - ovvero: uno spritz, qualche skill (senza la esse del plurale) e la fine del lockdown

Adesso si sono inventati anche la (pseudo) università che ti insegna a diventare carismatico.
Cioè... ti mandano una mail senza che tu abbia mai dato loro il tuo indirizzo di posta elettronica e ti fanno la proposta con un linguaggio (secondo loro) friZZZZZante e super GGGGGiovane. Sono convinti di intortarti con l'esempio più debole e fuorviante possibile: sei seduto con un amico al bar per l'aperitivo. Uno spritz (uno spritz, vabbé... quello dell'esempio sono io!). Tu tieni le redini della conversazione e, per questo, ti senti un dio. Il tuo amico pende dalle tue labbra. La tua autostima è ai massimi universali. Poi un gruppo di ex compagni di scuola del tuo amico (che tu non conosci) si avvicina al tavolo. Il tuo amico li invita a sedersi con voi. Da quel punto in avanti ti sgonfi come un palloncino. Da splendido diventi opaco fino a scomparire. Ti senti inutile, insignificante, trasparente, inesistente. Ti imbarazzi, fai scena muta, non sai cosa dire e perdi tutto il tuo carisma.

Come fare?
Beh, ovvio! Ti iscrivi alla (pseudo) università che ti insegna a essere carismatico e risolvi tutto, no?

Allora...

(1) Il carisma, tra gli esseri umani, è merce rara, e funziona proprio (e solo) perché (e quando) è merce rara.

(2) La differenza che intercorre tra l'essere carismatici e l'essere intrattenitori "da spritz" è la stessa che intercorre tra un leader e un capobranco capace di sollevare la voce per fare leva sugli istinti più bassi della massa ignorante che pende dalle sue labbra (oltre che dai suoi intestini).

(3) Questa gente NON vende certo carisma (chi non ne ha, non può venderne... mi pare chiaro; e poi, il carisma non si vende!). Ciò che vende è una squallida maschera buona solo per blaterare a vanvera, anche quando non ne hai nessuna voglia e anche quando non ce n'è il minimo bisogno.

(4) Ma ve lo immaginate un mondo fatto solo di persone carismatiche? Due palle mortali e un casino pazzesco, come minimo. Tutti a sgomitare per tenere banco, l'uno di fronte all'altro, l'uno sull'altro, l'uno dentro l'altro.

(5) Se qualcuno ha problemi di socialità e di socializzazione, esistono già gli specialisti che possono occuparsi di lui; sono medici e/o esperti qualificati, laureati, titolati, forniti di esperienza.

(6) Se volevano "vendere" questa ciofeca, forse potevano fare leva sullo sviluppo della parlantina e delle capacità persuasorie per coloro che vogliono diventare venditori di qualsiasi cosa. Ma anche in questo caso, ci sono gli esperti titolati e le scuole specializzate. Insomma, non c'era senz'altro bisogno di loro.

(7) Non hanno capito che quando qualcuno mi parla di "skills" (oltretutto con la esse del plurale!!!), a me cominciano a venire le bolle in tutto il corpo.

(8) Sarei curioso di sapere quanti boccaloni si iscriveranno a questa (pseudo) università della farsa omologatrice.

(9) Ma chi minchia gliel'ha dato il mio indirizzo mail?

(10) SPAM.

P.S.: dimenticavo!
Questi hanno esordito dicendo che tra poco finirà il lockdown (altro inglesismo che mi fa venire le bolle in tutto il corpo), e quindi dobbiamo prepararci a quello che verrà quando potremo di nuovo vivere in società. Come se il mondo stesse iniziando oggi! Come se in due mesi avessimo disimparato tutto! Come se questi fossero Dio e noi tanti piccoli e stupidi pezzettini di fango da plasmare. MAVAFF...

giovedì 27 febbraio 2020

"L'ultimo giorno di primavera" va già in ristampa!

Quando un libro va in ristampa dopo nemmeno tre mesi dalla sua uscita, bisogna dire GRAZIE ai lettori che lo hanno acquistato, letto e consigliato.

Ma quando un libro che ha cercato editore per oltre SEI ANNI va in ristampa dopo nemmeno tre mesi dalla sua uscita, oltre ai lettori che lo hanno acquistato, letto e consigliato, bisogna dire GRAZIE anche alla casa editrice che ci ha creduto.

Quindi... GRAZIE alle edizioni Condaghes (Cagliari) e GRAZIE a tutti voi!

Da oggi siamo a pagina due.

martedì 25 febbraio 2020

Eventi culturali, laboratori nelle scuole... chi scrive i bandi? Chi amministra?

Come si fa a infilare nella testa di chi scrive i bandi per finanziare gli eventi culturali il concetto (elementare) che portare tremila persone ad ascoltare un famosissimo e fighissimo e seguitissimo decerebrato che blatera stronzate a sproposito vale molto meno (in termini di ricadute di ogni genere) che portare trenta persone capaci di interagire con un autore degno di essere chiamato tale?
A quel punto, che si facciano i festival di intrattenimento per decerebrati. Ma con altri fondi rispetto a quelli destinati alla cultura.

Come si fa a infilare nella testa di certi amministratori il concetto che gli stessi amministratori sono (e devono essere) complementari e non alternativi rispetto ai professionisti che organizzano eventi?

Come si fa a infilare nella testa di chi scrive i bandi per finanziare le attività laboratoriali nelle scuole il concetto che avere trenta esperti con trenta mini workshop di un'ora ciascuno non è un vantaggio ma una devastazione per i bambini, per i docenti, per la scuola e per gli stessi esperti (che in questo modo non riusciranno mai a fare un lavoro organico e "compiuto")?

Ci vuole molto a capire che, anno dopo anno, le attività di questo genere sono gestite in maniera sempre più scadente, dilettantesca, improduttiva e imbecille da chi ne detta le "regole di ingaggio" e che, al contrario di ciò che fa, dovrebbe mettersi (senza SE e senza MA) al servizio del sistema cultura-formazione-istruzione?

E ci vuole molto a capire che in questo modo si buttano al cesso soldi pubblici per far fare figure di merda a progettisti, operatori e formatori di ogni genere, dirigenti scolastici e docenti?

L'impressione è che chi scrive certi bandi, detta certe regole e fissa certi parametri non conosca una beata fava dei mondi che cerca di regolare, provocando solo casini e scontento.

Il progresso dovrebbe portare cambiamenti migliorativi.
Se porta peggioramenti, allora non è progresso: è solo cambiamento fine a se stesso, se non addirittura regresso, involuzione e decadenza.

E, francamente, a quel punto, è meglio tornare indietro di vent'anni, a quando non c'era la tendenza compulsiva a fare numeri "tanto per fare numeri" e si potevano organizzare laboratori veri e propri nelle scuole, con percorsi organici e risultati utili e funzionali alle esigenze didattiche. O manifestazioni culturali senza finti artisti che portano folle inutili, solo perché hanno mezzo milione di follower nelle loro pagine social.

giovedì 20 febbraio 2020

Il secondo anno della Scuola Fumé



































Domani pomeriggio - venerdì 21 febbraio 2020 - a Cagliari, negli spazi di ArtaRuga, io e il mio amico/collega Andrea Pau daremo avvio al modulo didattico di sceneggiatura per fumetti del Secondo Corso della Scuola FUMÉ.

Quella di domani sarà la prima lezione di sceneggiatura per i nostri nuovi allievi. E "la prima" è sempre una grande emozione!

Agli allievi e ai colleghi della Scuola Fumé (quei "loschi figuri" che vedete nella foto in basso) auguro un percorso didattico proficuo, appassionante e appassionato.

A tutti coloro che cercano informazioni sulla Scuola Fumé e sui prossimi corsi, consiglio di contattare la segreteria al numero di telefono 3519556916 e di visitare il sito web (https://www.scuolafume.it/).


venerdì 31 gennaio 2020

"La storia non mi piace" è un'affermazione senza senso

Un buon obiettivo per chi lavora con i bambini e con i ragazzi sarebbe quello di ragionare sul fatto che non è rilevante che la storia possa/debba piacere o meno a qualcuno. La storia è indispensabile per l'umanità nel suo complesso e per ciascun singolo essere umano. Stesso dicasi per la memoria (anche se storia e memoria, per quanto strettamente correlate, non sono la stessa cosa).
Senza storia e senza memoria perderemmo l'umanità.

E invece siamo lì a dire "la storia mi piace" o "la storia non mi piace", come se fossimo di fronte a una vetrina di pantaloni o di scarpe. Questo succede soprattutto ai più giovani, anche perché gli adulti ci sono già passati e, almeno nelle ultime generazioni, hanno scelto il "non mi piace". Poi da lì sono partiti per eliminare storia e memoria prima ancora di affrontarle. Il passo successivo è la inevitabile trasmissione ai figli di questo atteggiamento superficiale e menefreghista.

Quando minimizziamo l'importanza della storia e della memoria, minimizziamo noi stessi. Ci squalifichiamo come individui e come specie. Contribuiamo ad accelerare quella involuzione terribile che abbiamo innescato da qualche decennio e che non riusciamo a vedere per via delle meraviglie tecnologiche di cui ci siamo circondati. Meraviglie che ci fanno sentire giovani, moderni, aggiornati, al passo con i tempi, ecc. Purtroppo il tasso di tecnologia non corrisponde affatto al tasso di umanità. Perché l'uomo non è solo quello che inventa e che produce.

Bisogna vedere cosa resta di umano dopo ogni svolta tecnologica, dopo ogni invenzione, dopo ogni prodotto realizzato e consumato.

Capisco anche (e molto bene) che a un bambino o a un adolescente la storia possa non piacere. Ma questo, con buona pazienza di tutti, non importa. Non è rilevante.

La storia non ci deve piacere (non per forza, almeno!). E noi dobbiamo imparare che non tutto quello che ci serve per vivere, per crescere e per essere individui migliori deve per forza essere un divertimento, un gioco o una cosa piacevole.

Tuttavia capisco (e so) che, se i ragazzi si limitano al "non mi piace" per trovare la scusa del loro disinteresse, la responsabilità è di chi - tutti i giorni - ha la possibilità (e magari il compito/dovere) di spiegargli che storia e memoria non sono prodotti di consumo acquistabili in un distributore automatico: genitori, insegnanti, formatori ed educatori di vario genere e livello. E, ancora più a monte, parlamentari e ministri.

Senza dimenticare poi quei finti politici che, pur di grattare qualche votarello in più dalla pancia (o dall'intestino) degli elettori, la storia la falsificano, la nascondono e la calpestano.

Il giorno che capiremo tutti quanti che un'affermazione come "non mi piace la storia e quindi non la studio", ha grossomodo lo stesso valore di "non mi piace fare la pipì e quindi non piscio", cominceremo a ritrovare la strada che abbiamo perso.

Prima di studiare la storia nei libri, occorre riconoscerla e prendersene cura come una delle cose più preziose che il genere umano possa avere. In tutte le epoche e a tutte le latitudini.

Proprio come la memoria.