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domenica 22 novembre 2020

Come NON si scrive una storia: il caso del nuovo spot di Telefono Azzurro













Pochi giorni fa è stato lanciato il nuovo spot del Telefono Azzurro.
Ci sono una marea di cose sbagliate in questo "lavoro", realizzato dall’agenzia di comunicazione Havas Milan (un grosso network con quartier generale a New York, 20.000 dipendenti in 100 Paesi del mondo e due sedi italiane a Milano e Roma) con l'approvazione convinta dei vertici dello stesso Telefono Azzurro.
I problemi (gravissimi) riguardano proprio l'ideazione, la scrittura e la realizzazione dello spot, e vengono molto prima delle implicazioni “a valle” che hanno scatenato (a buon diritto) l’ira degli amanti degli animali e degli animalisti (due “categorie” non necessariamente coincidenti), degli educatori e di moltissimi cittadini italiani.
Sono lacune (ma è più appropriato parlare di voragini) di natura tecnica e creativa. Errori che qualsiasi studente di un corso base di comunicazione risolverebbe, grazie ai suoi docenti e a una sufficiente applicazione negli studi, fin dalle primissime lezioni.
Ne indico alcuni.

1) La decisione di ambientare la vicenda in una situazione di emergenza che richiama, in via prioritaria, l’intervento dei Vigili del Fuoco e non del Telefono Azzurro. Questo è il primo errore grossolano: se vuoi parlare di un problema (specie in uno spot di pochi secondi), concentra l’attenzione del pubblico su quel problema, senza disperderla in altre direzioni.

2) La presenza del cane. Il motivo è lo stesso del punto 1. Perché aggiungere un altro elemento di “distrazione”, se l'obiettivo è parlare dei bambini? Anche in questo caso, si aggiunge un problema al problema. E cominciano a venire i dubbi su quale sia la vera missione da compiere, quale l’obiettivo da raggiungere, quale il target di riferimento: a chi sta parlando questo spot? Agli adulti? Ai bambini? Agli animalisti? Ai sostenitori della supremazia dell’essere umano nei confronti degli animali?

3) La “pseudo metafora” che i vertici del Telefono Azzurro hanno tirato goffamente in ballo, dopo le accuse piovute da tutta Italia: il tizio che salva il cane non avrebbe – SECONDO LORO – scelto tra il cane e i bambini, ma avrebbe salvato il cane come metafora del fatto che i bambini ai suoi occhi sono invisibili. Beh, cari miei, le metafore sono tutta un’altra cosa. Questa non è e non può essere una metafora. Andare a scuola, please!

4) L’hashtag “primaibambini”: una roba che fa venire i brividi e che si commenta da sola. Ma che soprattutto distrugge in modo definitivo la scusa della “metafora” tirata in ballo dai vertici del Telefono Azzurro: infatti, con l’hashtag “primaibambini” si sta mettendo chiaramente in evidenza LA SCELTA CONSAPEVOLE che il tizio fa tra il salvataggio del cane e quello dei bambini. Una maldestra contraddizione, quindi, che fa incavolare ancora di più le folle (chi è causa del suo mal…).

5) Nel finale non si capisce quale debba essere il pensiero che il pubblico deve partorire: i due bambini dovrebbero chiamare il Telefono Azzurro per “denunciare” il tizio che ha salvato il cane e non loro? Oppure dovrebbero chiamare i Vigili del Fuoco per farsi salvare la vita? (ammesso che, in quella condizione siano in grado di fare una telefonata a qualcuno!).

6) In tutto lo spot è pressoché impossibile per qualsiasi spettatore identificarsi in uno dei personaggi o nella situazione raccontata. E questo è piuttosto curioso, in uno spot che pretende dichiaratamente di essere scioccante e provocatorio! Se nessuno si identifica in niente, spiegatemi voi, cari geni del Telefono Azzurro o dell’agenzia di comunicazione Havas Milan, come possiamo scioccare o provocare! L’unica provocazione che suscita questo “lavoro” è quella sull’intelligenza dello spettatore! E infatti, a mio parere, questa robaccia ha fatto indignare tutti non tanto e non solo per la scelta (irreale/surreale) tra cane e bambini, quanto perché tratta gli spettatori da idioti.

7) Alla fine dello spot, nei penosi testi che appaiono in video, c’è pure il riferimento a questi tempi “di pandemia”. La domanda parte in automatico: cosa c’entra la pandemia, in rapporto a tutto quello che vediamo nello spot? La risposta è, ovviamente, NIENTE DI NIENTE. Ma, tanto… tutto fa brodo, giusto? L’importante è che se ne parli. Che tristezza!

8) Indisponente è, poi, anche il richiamo agli action movie americani: nella situazione alla “Die Hard”, nella colonna sonora, nel tizio-eroe che, mentre tutti fuggono via dal palazzo in fiamme, decide con “encomiabile coraggio e sprezzo del pericolo” di salire su per le scale per compiere il suo gesto/atto eroico (è del tutto evidente che lo fa solo per lo spettatore e non per se stesso o per chi potrebbe/dovrebbe/vorrebbe salvare). Insomma: è tutto finto, fasullo, farlocco e posticcio. Non c’è un solo grammo di coinvolgimento emotivo. Non c’è il benché minimo briciolo di empatia.

9) Ah, poi… ovviamente i bambini non strillano (così... magari per farsi notare... magari per “risvegliare” il tizio-eroe dalla sua presunta e assolutamente NON credibile cecità che gli fa vedere e salvare solo il cane!).

10) I vertici di Telefono Azzurro hanno dichiarato che l’obiettivo di questo spot era quello di attirare l’attenzione sul problema dei bambini (ancora più bistrattati e ignorati del normale, in questo periodo di pandemia). E hanno deciso di farlo in modo duro e scioccante. Tuttavia, non hanno attirato l’attenzione di nessuno sul problema dei bambini, anche perché produrre uno spot-porcheria non vuol dire scioccare. Per scioccare qualcuno in uno spot di pochi secondi, occorre focalizzarsi su un argomento/questione e lavorare a fondo su quello. Qui si è aggiunto di tutto e, alla fine, il problema dei bambini in rapporto alla mission di Telefono Azzurro è sparito dai radar. Anzi, non c’è mai stato, dal primo all’ultimo fotogramma. In comunicazione NON si lavora così. E la creatività non è aggiungere un incendio in cui un tizio-eroe alla Bruce Willis risale le scale come un salmone, mentre tutti gli altri fuggono via dal palazzo in fiamme. Non è far salvare un cane al tizio-eroe-Bruce-Willis, mentre due bambini sono lì, accanto al cane, e lui nemmeno li vede! Scioccare il pubblico con la creatività si può anche fare. Ma, obiettivamente, questo spot può soltanto fare inorridire non solo lo spettatore medio, ma qualsiasi persona che abbia un’infarinatura (anche minima) di come si scrive una storia.

Insomma...
Soggetto, sceneggiatura e regia: sbagliati, sballati e atroci in senso assoluto (sarebbe bastata una sommaria lettura dello script per capire immediatamente che questo “lavoro” era destinato a diventare un bagno di sangue, un flop totale, un naufragio penoso).
Obiettivi di comunicazione: inesistenti.
Target di riferimento: non pervenuto.
Tono della comunicazione: cannato in pieno.
Conoscenza del cliente (Telefono Azzurro) e della sua mission: zero (ma non solo da parte dell’agenzia di comunicazione; perfino il cliente, infatti, ha dimostrato di non conoscere se stesso; il che farebbe anche ridere, se non ci fosse di mezzo il rispetto per i bambini!).
Deontologia professionale: sotto la suola delle scarpe.

P.S.: non metto il link al video (pubblicato sulle pagine facebook di Telefono Azzurro e dell’agenzia Havas Milan) per il semplice motivo che non voglio contribuire a dargli visibilità su un mio “canale”. Ma potete facilmente trovarlo, almeno finché qualche autorità con un po’ di sale in zucca non lo bloccherà, costringendo i suoi autori a cancellarlo per sempre, per oltraggio all’umana intelligenza. Mi è costata una grande fatica pubblicare anche solo l’immagine che vedete al principio di questo post, in cui si possono leggere le pessime parole che appaiono in video nella parte finale di questo obbrobrio.

P.S. (2): lo spot è stato ritirato stasera stessa (22 novembre 2020). Era davvero l'unica cosa da fare. Amen.

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