Quando, nel 2001-2002, frequentavo il Master in Creative Content Writing a Milano presso l'Istituto Superiore di Comunicazione ("divisione" dell'Istituto Europeo di Design), uno dei docenti più brillanti ribadiva continuamente un concetto: secondo lui stavano ormai tramontando (o erano già tramontati) i tempi in cui un professionista della scrittura poteva permettersi di sviluppare il suo lavoro in un'unica direzione: solo narrativa, solo teatro, solo fumetto, solo cinema, solo comunicazione pubblicitaria, ecc. Le ragioni di un simile fenomeno non erano solo di natura economica, per quanto nel 2001-2002 fossero morti e sepolti i tempi in cui lo scrittore/sceneggiatore/copywriter/ecc. potesse sperare di guadagnare tanti soldi dal suo lavoro in senso stretto (almeno nella stragrande maggioranza dei casi). Lo scenario complessivo, infatti, era già stato investito dagli enormi mutamenti derivati dall'avvento della comunicazione digitale (in tutte le sue forme) e da un progressivo impoverimento/imbarbarimento del livello di alfabetizzazione REALE della popolazione.
In questa situazione, io, che fin da bambino amavo scrivere cose molto diverse, mi sentivo rincuorato (questione economica a parte). Se avessi sviluppato le conoscenze e le capacità necessarie, avrei potuto inserirmi in un contesto "multitasking", in cui scrivere sceneggiature per i fumetti non mi precludesse di scrivere anche per la narrativa, la comunicazione pubblicitaria, il teatro e anche altro.
Negli anni seguenti sviluppai appunto il mio lavoro su queste direttrici, tanto che oggi, quando devo spiegare a qualcuno che lavoro faccio, devo sempre premettere una domanda: "Quanto tempo ho?".
Le righe che ho appena scritto servono per contestualizzare meglio ciò che ogni anno, alla fine di dicembre, mi passa per la testa. Si tratta di un pensiero che parte in automatico nel mio cervello e che va alla ricerca della branca specifica della scrittura che ha prevalso nel mio operato di quella specifica annata.
Non c'è dubbio che, in questo 2020, sul gradino più alto del mio personalissimo podio ci sia la narrativa. Non solo per le conseguenze del romanzo L'ultimo giorno di primavera (Condaghes editrice, Cagliari), pubblicato alla fine del 2019, ma anche (e soprattutto) per alcuni lavori di cui non posso ancora svelare nulla.
Tra le tante "cose di narrativa" che mi sono passate per le mani quest'anno, ci sono tre miei racconti pubblicati sui numeri 23, 24 e 25 della rivista Sardinia Post Magazine (Ico 2006 editore, Cagliari) grazie alle sollecitazioni del mio amico giornalista Manuel Scordo.
I primi due racconti fanno parte di una raccolta che cominciai a scrivere nel lontanissimo 1999 e che non ho mai portato a termine (non ancora, per lo meno!). Si tratta di storie di donne, raccontate in prima persona dalle stesse protagoniste. Ne ho scelte due e le ho rimesse un po' a posto.
La prima, La strada di casa, in origine era intitolata Viaggio in Y10. La storia non ha subito nessuno stravolgimento di trama rispetto all'originale, ma gli oltre venti anni trascorsi dalla sua prima stesura (1999, appunto!) mi hanno aiutato a rileggerla e aggiustarla in alcuni punti cruciali.
I primi due racconti fanno parte di una raccolta che cominciai a scrivere nel lontanissimo 1999 e che non ho mai portato a termine (non ancora, per lo meno!). Si tratta di storie di donne, raccontate in prima persona dalle stesse protagoniste. Ne ho scelte due e le ho rimesse un po' a posto.
La prima, La strada di casa, in origine era intitolata Viaggio in Y10. La storia non ha subito nessuno stravolgimento di trama rispetto all'originale, ma gli oltre venti anni trascorsi dalla sua prima stesura (1999, appunto!) mi hanno aiutato a rileggerla e aggiustarla in alcuni punti cruciali.
La seconda storia, scritta nel 2002 proprio come esercizio del Master di cui ho parlato all'inizio, era intitolata semplicemente M., ma nella versione riveduta e corretta che è stata pubblicata su Sardinia Post, ho preferito aggiungere qualcosa: M. (ottobre a Milano).
Il terzo racconto pubblicato da Sardinia Post è, come si suol dire, tutta un'altra storia.
Scritto durante il lockdown di marzo-maggio 2020 e corredato da una splendida illustrazione di Antonio Lucchi, è stato pubblicato a fine ottobre 2020 nel libro antologico Cagliari 1970 - Tracce oltre la leggenda di Autori Vari, ideato e curato dall'Associazione Chine Vaganti (Catartica edizioni, Sassari), con il titolo Sant'Elia, aprile 1970. Sardinia Post lo ha ripubblicato un mese dopo, dando modo ai suoi lettori di avere un'anteprima sul volume da cui è tratto.
Scritto durante il lockdown di marzo-maggio 2020 e corredato da una splendida illustrazione di Antonio Lucchi, è stato pubblicato a fine ottobre 2020 nel libro antologico Cagliari 1970 - Tracce oltre la leggenda di Autori Vari, ideato e curato dall'Associazione Chine Vaganti (Catartica edizioni, Sassari), con il titolo Sant'Elia, aprile 1970. Sardinia Post lo ha ripubblicato un mese dopo, dando modo ai suoi lettori di avere un'anteprima sul volume da cui è tratto.
Si tratta di una storia ambientata a Cagliari nell'aprile del 1970, pochi giorni dopo la vittoria del mitico scudetto del Cagliari di Gigi Riva e Manlio Scopigno. La narrazione prende spunto da un fatto realmente accaduto nel quartiere popolare di Sant'Elia, in occasione della visita del Papa Paolo VI. Non aggiungo altro per non rovinare la lettura a qualcuno che non l'ha ancora letto (o su Sardinia Post o direttamente sul libro) e che, magari, ha in programma di leggerlo.
Oltre al grazie obbligato a Manuel Scordo e alla redazione di Sardinia Post Magazine, vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno dedicato qualche minuto del loro tempo a leggere questi tre racconti e, in alcuni casi, a farmi avere le loro impressioni.
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