BIMBI A BORDO è il nome del festival di letteratura per ragazzi che da qualche anno si tiene a Guspini (VS/Sardegna) per iniziativa dell'Associazione Culturale InCoro. Anzi, per dirla con gli organizzatori, più che un festival è una Festa della Letteratura per Ragazzi.
L'edizione di quest'anno comincia proprio stasera, 29 agosto 2014, e si presenta ricchissima di iniziative e ospiti.
Tra i tantissimi autori che interverranno (molti amici e colleghi), vorrei segnalare due nomi in particolare: quelli dello scrittore Francesco Enna, autore di numerosissimi romanzi e racconti per ragazzi, e della psicoterapeuta Iole Sotgiu, moglie di Enna nonché autrice, insieme al consorte, del libro Il buio fifone che verrà presentato nel corso della manifestazione. Per la cronaca, i coniugi Enna-Sotgiu sono i genitori di Bruno e Stefano Enna, entrambi sceneggiatori di fumetti molto bravi e conosciuti nel panorama nazionale ed europeo.
Il tema di BIMBI A BORDO 2014 è "Bugia e finzione", ben rappresentato dal Pinocchio del manifesto promozionale disegnato da Jean Claudio Vinci.
Ingrandite l'immagine qui sotto per leggere il programma nel dettaglio.
Qui sotto, invece, il programma dei laboratori.
E, infine, le note biografiche di tutti gli ospiti.
Per quanto riguarda me, domani e dopodomani mattina (30 e 31 agosto) sarò impegnato insieme al mio amico e collega Luca Usai in due laboratori di fumetto per bambini e ragazzi. Come è noto, da anni Luca disegna paperi e topi che regolarmente vanno a finire nelle prestigiose pagine di Topolino e di altre testate Disney.
Nel corso del festival si potranno leggere e/o ammirare anche gli elaborati che "noi ospiti" abbiamo prodotto per l'occasione. Disegnatori, scrittori e sceneggiatori sono stati chiamati a dare la loro particolare visione della tematica "Bugia e finzione" con disegni, vignette e scritti più o meno brevi.
Io mi sono cimentato in un racconto per ragazzi che ho scritto proprio in questi ultimi giorni e che ho intitolato Senza trucco.
Ricordatevi di non dimenticarvi di ricordarvi di venire a Guspini per BIMBI A BORDO in questo week end: 29, 30 e 31 agosto 2014.
Grandi e bambini siete avvertiti!!!
se fossi un'automobile...
... sarei una FIAT 850. Ve la ricordate?
venerdì 29 agosto 2014
mercoledì 30 luglio 2014
Domani, 31 luglio 2014, nuova data del tour sardo delle principesse
Nel contesto delle "Notti Rosa" di Guspini (VS/Sardegna), il libro a fumetti LA PRINCIPESSA CHE AMAVA I FILM HORROR è di nuovo protagonista di una serata molto particolare.
Domani, 31 luglio 2014, a partire dalle ore 21, si parla di violenza sulle donne.
La scrittrice Maria Mantega presenta il suo libro Io, sola (Arkadia editore), romanzo che racconta la storia di Miriam, una delle tante donne vittime di uomini violenti e sottomesse alle dinamiche di una società che si indigna quando ormai è troppo tardi per intervenire.
A fare da difficile ma stimolante contraltare a questo tema così attuale e drammatico, ci saranno le otto principesse del volume a fumetti sceneggiato da me, disegnato da Alessio De Santa e colorato da Elena Grigoli per le edizioni Tunué.
Discuteremo di "Donna sola" e di "Donna principessa" e, come affermano gli organizzatori nel loro comunicato stampa, lo faremo anche giocosamente, "perché il mondo è grande e di Donna possiamo parlare facendo Cultura e Rispetto, educando dalla prima infanzia".
Una sfida niente affatto semplice, ma doverosa. Perché anche in un libro a fumetti come La principessa che amava i film horror si possono trovare spunti sorprendenti per intavolare discussioni ad ampio spettro, aperte sia ai bambini che agli adulti.
In questo sarò aiutato dal mio amico e collega Andrea Pau, con il quale ci soffermeremo su alcuni meccanismi che portano le otto principesse del libro ad agire, subire e reagire per trovare il proprio posto nel mondo e per formarsi una personalità capace di condurle in autonomia sulla propria strada.
L'incontro si terrà come detto a Guspini, in via Santa Maria, di fronte alla libreria Vaccargiu (ex Agus) e sarà introdotto da Graziella Caria.
Per maggiori informazioni sul libro Io, sola di Maria Mantega, click QUI, QUI e QUI.
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Domani, 31 luglio 2014, a partire dalle ore 21, si parla di violenza sulle donne.
La scrittrice Maria Mantega presenta il suo libro Io, sola (Arkadia editore), romanzo che racconta la storia di Miriam, una delle tante donne vittime di uomini violenti e sottomesse alle dinamiche di una società che si indigna quando ormai è troppo tardi per intervenire.
A fare da difficile ma stimolante contraltare a questo tema così attuale e drammatico, ci saranno le otto principesse del volume a fumetti sceneggiato da me, disegnato da Alessio De Santa e colorato da Elena Grigoli per le edizioni Tunué.
Discuteremo di "Donna sola" e di "Donna principessa" e, come affermano gli organizzatori nel loro comunicato stampa, lo faremo anche giocosamente, "perché il mondo è grande e di Donna possiamo parlare facendo Cultura e Rispetto, educando dalla prima infanzia".
Una sfida niente affatto semplice, ma doverosa. Perché anche in un libro a fumetti come La principessa che amava i film horror si possono trovare spunti sorprendenti per intavolare discussioni ad ampio spettro, aperte sia ai bambini che agli adulti.
In questo sarò aiutato dal mio amico e collega Andrea Pau, con il quale ci soffermeremo su alcuni meccanismi che portano le otto principesse del libro ad agire, subire e reagire per trovare il proprio posto nel mondo e per formarsi una personalità capace di condurle in autonomia sulla propria strada.
L'incontro si terrà come detto a Guspini, in via Santa Maria, di fronte alla libreria Vaccargiu (ex Agus) e sarà introdotto da Graziella Caria.
Per maggiori informazioni sul libro Io, sola di Maria Mantega, click QUI, QUI e QUI.
La principessa che amava i film
horror
e altre storie di principesse
Daniele Mocci (testi)
Elena Grigoli (colori)
Tipitondi – Tunuè, Italia, 2014
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mercoledì 23 luglio 2014
Fumetti, narrativa e buona cucina: domani, 24 luglio 2014, otto principesse si accomodano in ristorante!
Nuova tappa del tour estivo in Sardegna per il libro a fumetti La principessa che amava i film horror.
Domani, giovedì 24 luglio 2014 a Guspini (VS), sarò ospite dell'Agriturismo Sa Tella insieme al mio amico scrittore Andrea Pau per un dopo cena a base di storie da raccontare.
Io parlerò degli otto racconti di principesse "non canoniche" che ho realizzato insieme ad Alessio De Santa ed Elena Grigoli per le edizioni Tunuè.
Andrea, invece, racconterà della sua serie di narrativa ragazzi Rugby Rebels, illustrata da Jean Claudio Vinci e approdata già da qualche anno in libreria grazie all'editore Einaudi Ragazzi.
Tutte le informazioni sul libro delle principesse le ho già disseminate sulla rete da mesi. E, in ogni caso, potete agevolmente trovarle su questo blog, scorrendo verso il basso con lo scroll.
Per notizie, curiosità e retroscena sui due autori dei Rugby Rebels e sui loro "pensieri, parole, opere e omissioni", cercate nei blog di Andrea e di Jean Claudio, oltre che nelle loro pagine facebook.
Per conoscere gli orari e gli altri dettagli della serata di domani, ingrandite la locandina che accompagna questo post.
Vi aspetto domani sera a Guspini, per una bella serata estiva a base di buona cucina e di storie da raccontare!
Domani, giovedì 24 luglio 2014 a Guspini (VS), sarò ospite dell'Agriturismo Sa Tella insieme al mio amico scrittore Andrea Pau per un dopo cena a base di storie da raccontare.
Io parlerò degli otto racconti di principesse "non canoniche" che ho realizzato insieme ad Alessio De Santa ed Elena Grigoli per le edizioni Tunuè.
Andrea, invece, racconterà della sua serie di narrativa ragazzi Rugby Rebels, illustrata da Jean Claudio Vinci e approdata già da qualche anno in libreria grazie all'editore Einaudi Ragazzi.
Tutte le informazioni sul libro delle principesse le ho già disseminate sulla rete da mesi. E, in ogni caso, potete agevolmente trovarle su questo blog, scorrendo verso il basso con lo scroll.
Per notizie, curiosità e retroscena sui due autori dei Rugby Rebels e sui loro "pensieri, parole, opere e omissioni", cercate nei blog di Andrea e di Jean Claudio, oltre che nelle loro pagine facebook.
Per conoscere gli orari e gli altri dettagli della serata di domani, ingrandite la locandina che accompagna questo post.
Vi aspetto domani sera a Guspini, per una bella serata estiva a base di buona cucina e di storie da raccontare!
martedì 15 luglio 2014
Due chiacchiere su come si fa un libro a fumetti, con i ragazzi del mio paese
Domani
(mercoledì 16 luglio 2014), a partire dalle 19e30, farò due chiacchiere
con i ragazzi della Città dei Giovani di San Gavino Monreale, il mio paese natale.
Parlerò di come si realizza un progetto da presentare a un editore e di come
questo progetto si trasforma in un libro a fumetti vero e proprio.
Per rendere più concreto il mio discorso, prenderò come esempio il libro La principessa che amava i film horror (edizioni Tunué, 2014) di cui ho già parlato in questo blog (QUI e QUA).
Per rendere più concreto il mio discorso, prenderò come esempio il libro La principessa che amava i film horror (edizioni Tunué, 2014) di cui ho già parlato in questo blog (QUI e QUA).
Il libro, nato da un'idea di Alessio De Santa, è stato sceneggiato da me, disegnato da Alessio e
colorato da Elena Grigoli.
L'incontro sarà introdotto e moderato dallo scrittore e amico Andrea Pau (autore anche della locandina che vedete qui sopra).
L'incontro sarà introdotto e moderato dallo scrittore e amico Andrea Pau (autore anche della locandina che vedete qui sopra).
Organizza l'evento la Cooperativa Koinos, in collaborazione con l'Associazione Culturale Chine Vaganti (di cui mi onoro di essere un socio fondatore e un membro attivo).
Un grazie preventivo alle persone che verranno a seguirci.
PS: per i non sardi, San Gavino Monreale è un comune della Sardegna situato al centro della pianura del Campidano, a 52 chilometri da Cagliari.
giovedì 10 luglio 2014
Sabato 12 luglio 2014, alle vecchie miniere di Montevecchio (Guspini/VS), parlo di principesse e sorseggio una buona birra!
Eccomi... sono pronto per la prima presentazione in terra sarda del libro a fumetto La principessa che amava i film horror - e altre storie di principesse.
Come ho scritto anche su questo blog qualche tempo fa (QUI), il libro è uscito a maggio 2014 per i tipi di Tunué - editori dell'immaginario.
Nato da un'idea di Alessio De Santa, è stato materialmente realizzato da Alessio (idea, soggetti e disegni), me (soggetti e sceneggiature) e Elena Grigoli (colori).
L'occasione di questa presentazione me l'hanno data gli organizzatori di BIRRAS, la festa delle birre artigianali della Sardegna che si tiene ogni anno a Montevecchio, una splendida location "post mineraria" dal fascino irresistibile.
Ebbene sì... le nostre principesse si dimostrano ancora una volta delle tipe tutt'altro che prevedibili. Infatti, scelgono di farsi presentare in un antico e glorioso complesso minerario (che una volta era conosciuto in tutta Europa) e, per di più, in mezzo a fiumi di eccellente birra artigianale, proveniente da tantissimi birrifici sardi.
Che dire, quindi?
Prima di tutto GRAZIE agli organizzatori di BIRRAS.
Poi, GRAZIE all'Associazione Culturale Chine Vaganti, attraverso la quale sarà possibile organizzare questo mini evento all'interno della grande manifestazione "birraiola".
Infine, GRAZIE ad Andrea Pau (scrittore di narrativa per ragazzi, sceneggiatore di fumetti e, cosa più importante, amico!). È stato lui a proporre la presentazione del libro agli organizzatori e a realizzare la locandina che avete visto in apertura di questo post. E sarà lui a condurre l'incontro tra me e il pubblico.
A questo punto non mi resta che invitarvi ufficialmente alle miniere di Montevecchio SABATO 12 LUGLIO 2014. La rassegna BIRRAS aprirà i cancelli alle ore 17,00. La presentazione del libro, invece, inizierà alle ore 19,00.
ACCORRETE NUMEROSI, VI ASPETTO!!!
Bene... ora, per chi non sa cosa sia il libro La principessa che amava i film horror - e altre storie di principesse, ecco qualche informazione...
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Come ho scritto anche su questo blog qualche tempo fa (QUI), il libro è uscito a maggio 2014 per i tipi di Tunué - editori dell'immaginario.
Nato da un'idea di Alessio De Santa, è stato materialmente realizzato da Alessio (idea, soggetti e disegni), me (soggetti e sceneggiature) e Elena Grigoli (colori).
L'occasione di questa presentazione me l'hanno data gli organizzatori di BIRRAS, la festa delle birre artigianali della Sardegna che si tiene ogni anno a Montevecchio, una splendida location "post mineraria" dal fascino irresistibile.
Ebbene sì... le nostre principesse si dimostrano ancora una volta delle tipe tutt'altro che prevedibili. Infatti, scelgono di farsi presentare in un antico e glorioso complesso minerario (che una volta era conosciuto in tutta Europa) e, per di più, in mezzo a fiumi di eccellente birra artigianale, proveniente da tantissimi birrifici sardi.
Programma di BIRRAS 2014 |
Prima di tutto GRAZIE agli organizzatori di BIRRAS.
Poi, GRAZIE all'Associazione Culturale Chine Vaganti, attraverso la quale sarà possibile organizzare questo mini evento all'interno della grande manifestazione "birraiola".
Infine, GRAZIE ad Andrea Pau (scrittore di narrativa per ragazzi, sceneggiatore di fumetti e, cosa più importante, amico!). È stato lui a proporre la presentazione del libro agli organizzatori e a realizzare la locandina che avete visto in apertura di questo post. E sarà lui a condurre l'incontro tra me e il pubblico.
A questo punto non mi resta che invitarvi ufficialmente alle miniere di Montevecchio SABATO 12 LUGLIO 2014. La rassegna BIRRAS aprirà i cancelli alle ore 17,00. La presentazione del libro, invece, inizierà alle ore 19,00.
Uno dei tanti affascinanti scorci panoramici delle miniere di Montevecchio |
In ogni caso, chi verrà a Montevecchio per BIRRAS non lo farà per una toccata e fuga di mezz'ora. Infatti, tra degustazioni, concerti, mostre e altre iniziative culturali e di intrattenimento, vi conviene riservarvi qualche ora e godervi il fascino di questo posto meraviglioso in buona compagnia.
ACCORRETE NUMEROSI, VI ASPETTO!!!
Bene... ora, per chi non sa cosa sia il libro La principessa che amava i film horror - e altre storie di principesse, ecco qualche informazione...
Il libro presenta otto racconti a
fumetti di dodici pagine ciascuno.
Tra un racconto e l’altro c’è sempre
un piccolo intermezzo di due tavole a fumetti “senza parole”. Questi intermezzi
costituiscono, tutti insieme, una sorta di “vicenda di collegamento”.
Il
punto fermo del volume è che tutti e otto i racconti parlano di principesse.
Parlano dei sogni di queste ragazze, dei loro obiettivi, dei loro amori, delle loro delusioni, dei loro
errori, delle loro valutazioni giuste o sbagliate.
In quasi tutte le storie c’è
il castello, cioè la casa. Quella in cui il re (papà) e la regina (mamma)
educano, indirizzano, proteggono e puniscono.
Ma
prima o poi, tutti debbono allontanarsi dal castello. E una volta fuori è
necessario affrontare il mondo… le intemperie, i posti esotici e il bosco. A
volte perfino il cielo!
Gli otto racconti, ricchi di citazioni e riferimenti letterari, musicali, cinematografici e
pittorici, funzionano da specchio per i lettori di tutti i generi e di tutte le
età.
Chiunque,
nella vita, prima o poi è chiamato a misurarsi con (almeno) una principessa... “dentro
di sé” o fuori, bella o brutta, simpatica o antipatica, sicura o insicura.
Nello
stesso modo, chiunque si deve misurare con i propri genitori (che sono i
sovrani della casa), con una strega, un drago, uno spasimante, un avversario,
un maestro o un giullare bruttissimo che però balla divinamente.
A differenza delle fiabe
tradizionali, in questo libro le principesse sono persone reali che agiscono in
mezzo a personaggi e situazioni da fiaba. Tale particolarità le porta ad avere
“reazioni non canoniche” con gli altri personaggi e con il contesto, ma anche
desideri e obiettivi incompatibili con il “galateo” delle strutture narrative
di una fiaba.
Ed è proprio qui che sta il tratto
più originale e innovativo di questo lavoro. Un libro che solo in apparenza è
riservato ai bambini ma che, in realtà, si rivela una lettura adatta a tutti:
grandi e piccoli, uomini e donne, genitori e figli, persone concrete e
sognatori irriducibili.
Detto questo, vi rinnovo l'invito per la presentazione del libro a Montevecchio (Guspini/VS) durante la rassegna BIRRAS, sabato 12 luglio a partire dalle ore 19,00.
La principessa che amava i film
horror
e altre storie di principesse
Daniele Mocci (testi)
Elena Grigoli (colori)
Tipitondi – Tunuè, Italia, 2014
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venerdì 20 giugno 2014
Le generazioni "saltate"
Ho scritto questo
articolo circa due mesi fa per un lavoro “di comunicazione” in cui si è reso necessario osservare (pur senza troppi approfondimenti) alcuni fenomeni sociali che riguardano un po’ tutti noi,
in quanto persone e in quanto italiani.
Ho scelto questo
tema senza che nessuno me lo abbia dato, suggerito o, peggio che mai, imposto.
L’ho scelto perché
credo rappresenti una delle più insopportabili vergogne italiane degli ultimi
decenni. Oltre, naturalmente, a essere uno dei principali “nodi” che spiegano
la sostanziale PARALISI MENTALE (e anche FISICA) del nostro Paese e di molte (troppe)
caricature umane che lo hanno comandato anziché governarlo.
Ora lo pubblico qui,
con qualche piccola modifica. Ma il succo del discorso non cambia.
Il fenomeno di cui scriverò è tipico dell’Italia degli
ultimi trent’anni (circa).
Se poi dovessimo accorciare il tiro e limitarci a guardare la storia nazionale
degli ultimi vent’anni, non sbaglieremmo a identificarlo come una vera e
propria carica suicida che ha minato le basi stesse del nostro popolo.
Parlo di quello strano (ma non troppo) meccanismo che ha
portato le generazioni di trentenni e quarantenni a essere quasi completamente
tagliate fuori dai meccanismi di gestione della società, della politica,
dell’economia, ecc.
Il discorso è lungo, e questa non è la sede adatta per svilupparlo
nei dovuti modi e con i necessari approfondimenti. Ma mi preme comunque
sottolineare come sia quantomeno singolare che un’intera nazione decida di
amputarsi le parti più attive e forti del suo stesso corpo, senza averne
indietro neppure un minimo tornaconto.
Dopo la grande “abbuffata plastificata” degli anni
Ottanta, in cui gli italiani si sono anestetizzati il cervello a furia di
futili amenità in stile “Drive in” o “Colpo grosso”, contagiati dal ributtante
modello neovitellone della “Milano da bere”, con il suo vacuo fighismo da
aperitivo, siamo arrivati all’alba degli anni Novanta con alcune generazioni di
giovani completamente staccate dalla realtà.
I ventenni meno contaminati dal decennio precedente crescevano
a “pane e grunge di Seattle”, ma agli
occhi degli “adulti al potere” apparivano ancora come bambini appena svezzati.
I trentenni invece venivano relegati, anno dopo anno, alla qualifica di eterni
adolescenti. E i quarantenni (sempre quelli dei primi anni Novanta) erano forse
gli ultimi ad avere la possibilità di salire sul treno “dei grandi”.
Dopo quel momento c’è stato il deserto completo.
I ventenni dei primi anni Novanta oggi sono
ultraquarantenni che ancora annaspano, quasi rassegnati per aver perso quel
treno. Sotto di loro, generazioni di adolescenti a tempo indeterminato o di
bebè maggiorenni ai quali si continuano a somministrare nuovi (e sempre più
potenti) anestetici cerebrali che oggi si chiamiamo “Amici”, “Grande fratello”,
“Isola dei famosi”, ecc. ma che hanno lo stesso principio attivo di “Drive in”
e “Colpo grosso”. Soltanto in dosi più massicce e deleterie.
Insomma, gli adulti al potere sono più o meno sempre gli
stessi di venti e trent’anni fa, e sotto di loro hanno fatto tabula rasa.
Niente più scuole di partito. Niente più botteghe artigiane in cui le mani
esperte dei più anziani guidano e formano quelle “scalpitanti” dei più giovani.
Niente più passaggio di testimone. A nessun livello.
Figuriamoci in politica.
Solo in questi ultimi tempi sembra di intravedere qualche
accenno di cambiamento. Qualcosa pare finalmente agitarsi in quest’oceano
rimasto piatto per tre lunghissimi decenni, anche se è ancora troppo poco per
poter parlare di inversione di tendenza.
È stato (ed è
ancora) così, a tutti i livelli. Dalle “alte sfere” della politica e dell’economia,
fino alle “sfere più infime” della vita amministrativa e lavorativa, nei comuni
più piccoli d’Italia.
Basta dare un’occhiata (anche fugace) alla situazione
generale per capirlo!
Basta fare i conti dei trentenni e dei quarantenni che
sono rimasti “fuori dai giochi” in questi ultimi vent’anni e che ancora oggi
continuano a restare fuori. Un numero troppo grande di ragazzi ed ex ragazzi
ignorati, dimenticati più o meno volutamente, molti dei quali costretti a
partire per cercare miglior sorte altrove. Preferibilmente all’estero e, sempre
più spesso, perfino fuori dall’Europa.
Si tratta, in moltissimi casi, di persone molto capaci,
titolate, ricche di idee e di esperienze. Persone che potrebbero fornire le
soluzioni per ELIMINARE UNA VOLTA PER SEMPRE quell’insopportabile (e finto)
bisogno italico vivere per forza da sudditi di uno o più dittatori da operetta.
E invece, queste persone valide sono relegate a giocare
ruoli marginali o, addirittura, messe nell’impossibilità di giocare qualsiasi
ruolo, anche di infimo ordine.
Siamo certi che sia questo il modo per migliorare le cose?
Eppure ancora oggi, quando qualcosa sembra finalmente
agitarsi dalle profondità dello stagno, c’è qualcuno che continua a pensare di
poter escludere queste generazioni.
Qualcuno che forse non è stato informato che la vita di
ognuno (compresa la sua!) ha un ciclo che prima o poi è destinato a
concludersi.
Sarebbe davvero assurdo che i nostri “vecchi”, che hanno
fatto e dato tanto quando erano trentenni e quarantenni, oggi non abbiano il
coraggio, la forza ma soprattutto il BUONSENSO di liberare certi ruoli che
occupano da trenta, quaranta o anche più anni.
Qualcuno, a suo tempo, si è fatto da parte per offrire o
cedere il posto a loro. Ma loro no! Non hanno la stessa disposizione d’animo,
la stessa fiducia e lo stesso entusiasmo verso le nuove generazioni.
Probabilmente sono convinti di essere immortali oppure pensano che il mondo
debba “finire” con loro. Per cui non si sono curati e non si curano di
trasmettere niente a nessuno.
L’unica cosa che sembra interessargli è cooptare, di tanto
in tanto, qualche giovane (trentenne o quarantenne, magari dalla faccia pulita,
magari con una bella laurea in mano, magari di buona famiglia), per sbatterlo
sulla “facciata dei loro interessi”, in modo che alla maggioranza sembri che ci
sia stato un rinnovamento. Ovviamente, non c’è niente di più fasullo e
ridicolo.
Forse è arrivato il momento che qualcuno spieghi a questa
gente che l’immortalità non è cosa umana e che è piuttosto improbabile che la
fine del mondo sia imminente.
Il mondo va avanti comunque. E così pure l’Italia.
Per cui, tanto vale lavorare seriamente per spingere in
avanti la nostra comunità nel migliore dei modi!
Il nostro Paese ha
bisogno di idee nuove, di competenze più elevate, di esperienze diverse. Non ha
bisogno di continuare a ripetere il modello che lo ha portato alla rovina.
Quando capiremo questo, saremo di nuovo membri di una
comunità attiva, vivace, propositiva e sicuramente meno depressa di oggi.
Ma perché ciò avvenga, ci vuole il coraggio di cambiare.
Ci vuole la volontà e la determinazione di includere
quelle generazioni che negli ultimi vent’anni sono state escluse, dimenticate e
“saltate”. Generazioni che, con i loro cervelli e le loro braccia, possono
consentirci di fare un autentico e deciso salto di qualità.
L’Italia si salva solo se trova il coraggio di riprendersi
(e, quindi, di ridarsi) le sue intelligenze e le sue competenze che, spesso a
causa di scadenti giochi di retrobottega, sono state allontanate e ignorate per
troppi anni.
E questo può succedere solo se la maggioranza dei
cittadini lo capisce.
Solo se la maggioranza dei cittadini smette di seguire
come un gregge cieco e sordo il dittatore da operetta “di turno”, il mezz’uomo
di turno, la mezza tacca di turno, la mezza sega di turno.
Solo se smette di trasformare queste mezze figure in sacerdoti
da adorare fino alla morte.
Solo se fa tutto questo subito, ADESSO!
E, comunque, prima che sia troppo tardi.
E, comunque, prima che sia troppo tardi.
venerdì 23 maggio 2014
La principessa (capovolta) che amava i film horror - e altre storie di principesse
Gioite e giubilate, principesse e
principini di tutto il globo terracqueo!
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Il libro è uscito, c’è, esiste,
persiste, consiste e insiste.
Si è manifestato, alfine, in
tutta la sua “cartaceità” nelle librerie e nelle fumetterie italiane.
E per di più, non pago, preme
disperatamente per varcare i confini della penisola.
Anche se ormai non me la ricordo
più tanto bene, proverò a raccontare la storia di questo volume.
Ho conosciuto Alessio De Santa
nel luglio del 2009. Insieme a qualche amico comune, siamo andati a Lucca. All’epoca
abitavo ancora a Milano.
Due fumettisti che vanno a Lucca nel
mese di luglio, fanno un po’ la figura di due bagnanti che vanno a Cesenatico a
fine gennaio. Anche se, lo ammetto, da un sardo come me ci si poteva aspettare
di più come “esempio di località marittima”.
Vabbè, facciamo che quei due non
vanno a Cesenatico. Vanno a Piscinas. Chi non sa dov’è Piscinas, si cerchi
subito una scusa qualunque ed esca da questo blog, perché la cosa equivale grossomodo
a non sapere l’Atto di dolore.
Dicevo che siamo andati a Lucca.
Sì, ma a vedere il concerto della
Dave Matthews Band. Quattro ore di filata, senza un attimo di respiro. Una roba
stratosferica. Bellissimo.
E dopo, giù i bestemmioni dei
ristoratori e dei camerieri lucchesi, quando tutto il pubblico (pagante) si è
riversato nei locali in cerca di cibo e vino, al termine di quell’infinita e
meravigliosa jam session. Sì, bestemmioni. Perché l’una di notte era trascorsa
da un pezzo e quelli se ne volevano andare a letto. Invece gli toccava
ricominciare a lavorare in orario di chiusura.
Ci siamo divertiti, in quel mini
tour lucchese.
E ci siamo, appunto conosciuti.
Sceneggiatura Tavola 3 - Storia 5 |
L’anno dopo (2010), Alessio mi
coinvolge in una sua idea.
Vuole fare un libro a fumetti che
parla di principesse. Qualcosa di non canonico. Qualcosa che stravolga le
normali direttrici della fiaba. Qualcosa che si posizioni di traverso, tra il
fumetto e la narrativa.
Ha già dei soggetti brevi, o
meglio, delle bozze di soggetto. Mi chiede di leggerli.
Li leggo e cominciamo a lavorarci.
Metto mano a quei soggetti e
cerco di dargli una struttura più compiuta, perché, appunto, sono appena
abbozzati. Ma sono abbozzati bene.
Ale comincia ad avere paura di
me, perché io sono metodico e strutturo il mio lavoro con eccesso di puntiglio.
È il mio modo di entrare in un progetto. Lo devo conoscere e respirare in
pieno. Lo devo quasi radiografare. Anche se poi, in seguito, avrò bisogno di
destrutturarlo.
Ale invece no. È più disordinato
di me nella fase di approccio e, quindi, soffre il mio metodo.
Scoprirò solo dopo, quanto anche
lui sia pignolo e maniacale in fase di confezione del lavoro. Perfino più di me
(con le inevitabili discussioni che accompagnano queste benedette/maledette
diversità tra noi esseri umani).
Impostazione griglia Tavola 3 - Storia 5 |
Dopo un po’ di lavoro, ci
ritroviamo con sette soggetti, di cui due ispirati (liberamente) a storie già
esistenti. Facciamo un po’ di conti e decidiamo che ci manca ancora un
soggetto.
Lo scrivo io e lo intitolo La principessa capovolta.
Prepariamo un progetto vagamente
editoriale per il nostro libro. Ale fa un po’ di disegni per cercare di
individuare lo stile che potrebbe adottare (il volume, in questa fase, è ancora su una dimensione molto ipotetica e iperuranica).
Già dai primi schizzi si intuisce la potenza comunicativa di Alessio: una bomba!
Già dai primi schizzi si intuisce la potenza comunicativa di Alessio: una bomba!
Io butto giù alcune tavole di
sceneggiatura tratte da un paio di soggetti. Lui ne disegna due o tre.
La brava Alida Ruggeri fa qualche
colorazione di prova.
E intanto è già tempo di tornare
a Lucca, stavolta nella stagione appropriata per due fumettisti (seppur
scalcagnati) come noi.
A ottobre 2010 portiamo il nostro
book nella meravigliosa città toscana. Il titolo della proposta vagamente
editoriale è La principessa che amava i
film horror (e altre storie di principesse).
Alessio ha preferito questo
titolo (tratto da una delle otto storie del progetto), rispetto a quello
proposto da me, cioè proprio quel La
principessa capovolta che avevo scelto come titolo del mio soggetto, l’ultimo
degli otto, quello della storia che avrebbe chiuso il libro.
Matite Tavola 3 - Storia 5 |
Mi piaceva La principessa capovolta perché parlava di tutto il libro, anche
delle altre sette storie scaturite dai “pre soggetti” di Alessio e che io
avevo fatto miei, ammaliato come sempre dalle narrazioni un po’ “storte”, folli
e surreali. Un po’ ironiche, umoristiche e sarcastiche.
Mi piaceva La principessa capovolta perché io e Ale stavamo capovolgendo le
fiabe, la loro struttura classica, i loro personaggi, i loro luoghi comuni.
Prendevamo tutto questo e lo
mettevamo in relazione con le dinamiche relazionali e psicologiche della realtà,
cioè molto più plausibili rispetto a quelle in cui, di solito, si muovono gli “attori”
di una fiaba.
Era tutto finto, ma anche tutto
vero. Ed era questo capovolgimento che avrei voluto sottolineare.
Secondo me funzionava alla
grande.
Ma l’idea originaria del progetto era di
Alessio e mi sembrava brutto insistere. Per cui lui scelse il titolo di un’altra
delle otto storie, presumo quello che gli piaceva di più e che gli
suonava meglio in testa, anche in vista di una (molto improbabile, a quell’epoca)
pubblicazione.
Colore Tavola 3 - Storia 5 |
Arriviamo con il nostro book all’incontro
con gli editori, a cui ci siamo iscritti durante le nostre evoluzioni lucchesi,
tra padiglioni multicolori, autori, cataste di carta imbrattata di vignette e cosplayer.
Massimiliano Clemente di Tunué - Editori dell'immaginario ha
ritenuto opportuno vederci e sentirci, dopo aver notato il nostro book tra i
tanti in lista d’attesa.
Incontriamo Massimiliano. Lui è
di poche parole. Ci studia mentre sfoglia il book. Dice che questo va bene, che
quello va sistemato. Secondo lui quello è un libro per ragazzi, molto di più di
quanto io e Alessio (qui in perfetto accordo) vorremmo. Ci dice, con una
naturalezza disarmante, che gli andrebbe bene per la collana Tipitondi. E,
vedendo che né io ne Alessio sappiamo di cosa sta parlando, ci invita con il
massimo garbo, a fare un salto allo stand Tunué per dare un’occhiata “dal vivo”
ai primi titoli di quella collana.
Io e Alessio ci congediamo e
lasciamo Massimiliano al suo lavoro.
Tanti altri fumettisti con tanti
altri book sotto braccio sono in fila.
- Ma ci ha preso, secondo te?
- Boh! A me sembra di sì, ma non
è che l’ho capito bene…
Tavola 3 - Storia 5 completa di lettering |
Quasi “a nostra insaputa”, da
quel momento siamo autori Tunué.
Per questioni di lavoro, Alida non può più proseguire e, a quel punto, “appare” Elena Grigoli.
Elena è una disegnatrice e
colorista che però ama anche scrivere. Quando entra nello “staff delle
principesse”, io l’ho appena conosciuta "via mail". Il mio amico Luca Usai, complice della
mia crescita fumettistica come io della sua, a causa dei suoi impegni in Disney
per Topolino e altre testate non
riesce più a tenere il passo nella realizzazione delle storie del nostro personaggio Super Pro. E così passa la palla a Elena.
Io, che non la conosco
personalmente, imparo subito ad apprezzarne la gentilezza, la delicatezza, ma
anche la eccezionale arguzia che, insieme alla conoscenza del “mezzo”, ne fa
una professionista formidabile. E poi lei “fa” i pupazzi… li costruisce con le
sue mani. È davvero un portento! L’unica cosa che mi secca è che fino a oggi (maggio
2014) non l’ho ancora incontrata “di persona”, eppure sono quattro anni che ci
lavoro.
Cercheremo di rimediare a Lucca (ancora
una volta Lucca!) nel prossimo autunno.
E comunque…
La principessa capovolta e il suo principe di Pancetta |
Torno da Lucca Comics 2010 in Sardegna
(ho lasciato Milano proprio all’inizio di quel 2010, per riapprodare nella mia
bella isola), e comincio a sceneggiare il libro.
È un lavoro lungo, anche se sono “solo”
otto storie di 12 pagine ciascuna.
È lungo perché tra una storia e l’altra
ci passa tanto tempo.
È lungo perché io e Alessio
abbiamo una serie di differenze “esteriori” che potrebbero scatenare, se lasciate
andare libere, vere e proprie guerre mondiali. Nel nostro caso, per fortuna, si
limitano a discussioni interminabili su Skype. Lui da Milano, io da Cagliari.
Ma scopriamo di avere anche delle
sorprendenti tangenze interiori. Sono quelle che poi salvano tutto, impediscono
lo scatenarsi delle guerre e, soprattutto, ci permettono di produrre dei
fumetti che tutto sommato hanno il loro perché (almeno così ci sembra).
Io sceneggio. Discutiamo. Cambiamo
una battuta, una gag. Modifichiamo la dinamica narrativa di una tavola. Ritocchiamo
il finale di una storia.
Insomma, da questo punto di vista
non facciamo niente di diverso rispetto a un “normale” sceneggiatore e a un “normale”
disegnatore di fumetti che lavorano insieme.
Quando la sceneggiatura ci
sembra finita, io stesso traccio a mano le griglie delle tavole e gliele
mando.
Ale fa le matite. Di nuovo le
discutiamo insieme e se c’è da fare qualche modifica, la si fa.
Poi lui le prepara per Elena. E
spetta proprio a Elena dare vita alle nostre principesse, con i suoi colori.
Nelle storie di principesse prima o poi c'è sempre un drago... |
Il libro contiene una quantità infinita
di rimandi, citazioni, riferimenti, allusioni… a cose di tutti i tipi…
letteratura, musica, vita di tutti i giorni. Alessio è un vulcano in eruzione e
vorrebbe citare tutti i film, tutti i romanzi, tutte le poesie e tutti i saggi
della storia dell’umanità. Ma anch’io a volte non scherzo. Ci metto
perfino alcune piccole cose che solo un sardo può cogliere, perché fanno parte
del suo patrimonio linguistico e culturale. Ma comunque quelle stesse cose,
anche se non “coglibili” da un non sardo, restano sensate e
comprensibili per chiunque!
Poi, tra una storia e l’altra, c’è
quella che abbiamo chiamato “vicenda di collegamento”. Una storiella fatta di gag che
intervallano le otto storie principali, con micro vicende “senza parole”.
La “vicenda di collegamento”
conta 18 tavole in tutto. Per realizzarle abbiamo seguito un processo diverso
dal grosso del libro: da un mio spunto iniziale, Alessio ha proposto alcune
situazioni specifiche che abbiamo soltanto discusso a voce. Lui poi le ha
disegnate direttamente sul foglio, senza basarsi su una sceneggiatura scritta.
Il libro è di Alessio, perché l’idea di base è sua. L’individuazione
della maggior parte dei territori narrativi da cui attingere è sua. I disegni,
così freschi, efficaci e “potenti” sono suoi.
È mio, perché quel modo di raccontare in sceneggiatura e
di costruire le situazioni appartiene a me. È mio, perché certi argomenti e
certi meccanismi fanno parte da sempre dei miei interessi di narratore.
È di Elena perché senza la sua visione del colore, questo sarebbe
completamente e assolutamente un altro libro. E io non voglio affatto che sia
un altro libro!
Mi sono divertito a scrivere
queste storie.
A volte mi sono stancato.
È capitato perfino che mi venisse
qualche dubbio sul fatto che prima o poi saremmo davvero riusciti a portare a
termine il lavoro.
E invece eccoci qui, quattro anni
dopo aver cominciato.
Il libro è bello (come direbbe
Antonio Razzi).
E non lo dico per vantare me o i
miei compagni di avventura.
È bello perché chiunque lo apra
non può fare a meno di sorridere, anche prima di leggerne una sola pagina.
È così per i grandi e per i
bambini.
E questo mi basta.
La principessa che amava i film
horror
e altre storie di principesse
Daniele Mocci (testi)
Elena Grigoli (colori)
Tipitondi – Tunuè, Italia, 2014
Acquistalo su Amazon
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lunedì 17 marzo 2014
Chi è Truman? E qual è lo show?
È perfettamente inutile che tutti noi riconosciamo (con diversi gradi di convinzione e consapevolezza) che i reality show non sono reali.
Così come è perfettamente inutile essere davvero consapevoli che in tutte le trasmissioni TV (anche quelle che NON sono reality) non accade mai niente che non sia già stato previsto, sceneggiato e approvato dalle redazioni e, soprattutto, dagli sponsor (commerciali o politici fa lo stesso).
Vi ricordate il film The Truman Show?
Quello uscito nel 1998.
Quello diretto da Peter Weir.
Quello scritto da Andrew Niccol.
Quello interpretato da Jim Carrey, nel ruolo di Truman.
The Truman Show non era sicuramente il primo racconto ad affrontare certe tematiche e, forse, nemmeno il più "nobile".
Altri autori, nella letteratura, nel fumetto e nel cinema ci erano arrivati prima.
Ma Truman resta ancora oggi un mirabile esempio per tutti, proprio perché la sua storia era confezionata come un "prodotto di intrattenimento per la massa".
E la massa, che pure lo ha visto e in molti casi adorato, non ha comunque capito niente.
Non ha capito che non basta sapere che tutte le trasmissioni TV sono finte, preparate, sceneggiate, costruite.
Non ha capito che i "veri Truman" non sono quelli che albergano dentro la TV, nei programmi che (la stessa massa) continua passivamente a consumare, come dosi sempre più consistenti di una droga il cui nome potrebbe essere benissimo ANTISOCIALINA DISSOCIATIVA.
Non ha capito che i "veri Truman" sono quelli di fronte allo schermo.
E quei "veri Truman" coincidono (guarda un po!) con tutti i singoli pseudo individui che formano proprio la massa.
Una massa di dissociati antisociali.
Ex persone che, con l'illusione di essere consapevoli della vera natura delle trasmissioni che guardano, sono in realtà le inconsapevoli e grottesche protagoniste dell'unico "vero show": quello della vita fasulla che mettono in scena ogni giorno, spinte dall'insensata compulsione ad alimentare le vacue meschinità di questo (nostro?) mondo e di questo (nostro?) tempo.
Uno show che, travestito da carrozzone ipertecnologico moderno e avanguardistico, ha ridotto il mondo e i suoi abitanti a un grumo informe di ignoranza autocompiaciuta e autoreferenziale. A una cloaca di estetismi surreali e patologici. A un immondezzaio di prevaricazione cieca e sorda. All'ignobile vergogna di un mercato avido e insaziabile, in cui tutto si può vendere e tutto si può comprare. A una putrida fossa comune che ci risucchia ogni giorno di più in un Medioevo mentale contagioso, degenerativo e irreversibile.
Così come è perfettamente inutile essere davvero consapevoli che in tutte le trasmissioni TV (anche quelle che NON sono reality) non accade mai niente che non sia già stato previsto, sceneggiato e approvato dalle redazioni e, soprattutto, dagli sponsor (commerciali o politici fa lo stesso).
Vi ricordate il film The Truman Show?
Quello uscito nel 1998.
Quello diretto da Peter Weir.
Quello scritto da Andrew Niccol.
Quello interpretato da Jim Carrey, nel ruolo di Truman.
The Truman Show non era sicuramente il primo racconto ad affrontare certe tematiche e, forse, nemmeno il più "nobile".
Altri autori, nella letteratura, nel fumetto e nel cinema ci erano arrivati prima.
Ma Truman resta ancora oggi un mirabile esempio per tutti, proprio perché la sua storia era confezionata come un "prodotto di intrattenimento per la massa".
E la massa, che pure lo ha visto e in molti casi adorato, non ha comunque capito niente.
Non ha capito che non basta sapere che tutte le trasmissioni TV sono finte, preparate, sceneggiate, costruite.
Non ha capito che i "veri Truman" non sono quelli che albergano dentro la TV, nei programmi che (la stessa massa) continua passivamente a consumare, come dosi sempre più consistenti di una droga il cui nome potrebbe essere benissimo ANTISOCIALINA DISSOCIATIVA.
Non ha capito che i "veri Truman" sono quelli di fronte allo schermo.
E quei "veri Truman" coincidono (guarda un po!) con tutti i singoli pseudo individui che formano proprio la massa.
Una massa di dissociati antisociali.
Ex persone che, con l'illusione di essere consapevoli della vera natura delle trasmissioni che guardano, sono in realtà le inconsapevoli e grottesche protagoniste dell'unico "vero show": quello della vita fasulla che mettono in scena ogni giorno, spinte dall'insensata compulsione ad alimentare le vacue meschinità di questo (nostro?) mondo e di questo (nostro?) tempo.
Uno show che, travestito da carrozzone ipertecnologico moderno e avanguardistico, ha ridotto il mondo e i suoi abitanti a un grumo informe di ignoranza autocompiaciuta e autoreferenziale. A una cloaca di estetismi surreali e patologici. A un immondezzaio di prevaricazione cieca e sorda. All'ignobile vergogna di un mercato avido e insaziabile, in cui tutto si può vendere e tutto si può comprare. A una putrida fossa comune che ci risucchia ogni giorno di più in un Medioevo mentale contagioso, degenerativo e irreversibile.
lunedì 3 febbraio 2014
Al cinema... John e Jack non so! (22)
(UK-Rep. di S. Marino, 2009)
a cura di Brando Marlon
Dopo cinque anni dalla sua (per la verità, non troppo fortunata) uscita,
torna nelle sale il capolavoro assoluto dell’italianissimo Lello Mastraquaresima,
regista, sceneggiatore, produttore, attore, stuntman, fotografo, cameraman, montatore,
scenografo, costumista, parrucchiere, stilista, maestro d’armi, musicista,
ingegnere del suono, ingegnere aerospaziale, ingegnere informatico, Professore Emerito
di Lingue Antiche all’Università di Boston, Segretario privato del Presidente
dell’ONU, Console Onorario in Danimarca, Amministratore Delegato di 158 società
quotate in Borsa, Consigliere Particolare della NASA e dei Servizi Segreti
paraguaiani, Rettore Ombra delle Università di Sidney, Brasilia e Pechino, Console
della Cirenaica, Proconsole della Gallia Citeriore, Imperatore della Siberia nord
orientale, pilota di Shuttle e bidello dell’INPS (per citare solo una minima
parte dei suoi tanti incarichi/lavori/specializzazioni).
Toni Mastravenerdìsanto è un abile arrampicatore sociale che, grazie agli strumenti messigli a disposizione dalla sua famiglia (inserita alla perfezione nei circuiti politico/mafioso, economico/mafioso, fiscale/mafioso e imprenditoriale/mafioso dello Stato/mafioso), comincia fin da piccolo ad assommare sulla sua persona una serie di incarichi.
Alle elementari diventa subito capoclasse
e anche vice capoclasse, cosa che gli permette di essere presente anche quando
è assente, e quindi di sostituire se stesso quando non c’è.
Alle medie assume i ruoli di capitano
di tutte le squadre sportive (rappresentative) della scuola: calcio,
pallacanestro, pallavolo, tennis, pallanuoto, rugby, e bob. Il tutto, con la
regolare esenzione dalle lezioni di Educazione Fisica, senza mai praticare e/o
aver mai praticato nessuno sport, e senza avere mai neppure visto in lontananza
gli impianti sportivi della scuola (di cui ignora perfino l’ubicazione).
Alle superiori è rappresentante
dei genitori (pur non avendo ancora avuto figli), rappresentante dei professori
(pur essendo ancora studente) e rappresentante degli studenti nel consiglio d’istituto.
Quando il preside solleva l’obiezione circa il palese conflitto di interessi
che deriva dalla somma di quei tre incarichi, Toni mette in campo le sue
conoscenze e fa radiare dal servizio lo stesso preside, prendendo ad interim
anche il suo incarico.
Dall’università in avanti, la vita di Toni diventa un inarrestabile accumulo di incarichi (e quindi di stipendi, pensioni, emolumenti, rimborsi, gratuità, agevolazioni, scivoli, capriole ed equilibrismi che nemmeno al Circo Orfei…). Il ragazzo, ormai diventato uomo, a trent’anni si ritrova contemporaneamente presidente della Confindustria e dei Cobas, dando vita a esilaranti comizi e contro-comizi, interviste e contro-interviste, dichiarazioni e contro-dichiarazioni.
A quarant’anni è contemporaneamente presidente del PRCDP (Partito per il Ritorno del Comunismo Duro e Puro) e del PFNCMD (Partito Fasci-Nazista Clerico Monarchico Dittatoriale). Non sazio, incassa anche le cariche di Papa, Rabbino Capo, Dalai Lama, Amministratore Delegato di Scientology per il sud est asiatico e Generale in capo dell’esercito di Al Quaeda.
Svolge anche attività manageriali nelle principali organizzazioni occulte per la promozione del satanismo nel mondo e riesce ad aprire una Università Cattolico-Satanista in Vaticano, con i fondi destinati alla ricerca sulle malattie rare.
Dall’università in avanti, la vita di Toni diventa un inarrestabile accumulo di incarichi (e quindi di stipendi, pensioni, emolumenti, rimborsi, gratuità, agevolazioni, scivoli, capriole ed equilibrismi che nemmeno al Circo Orfei…). Il ragazzo, ormai diventato uomo, a trent’anni si ritrova contemporaneamente presidente della Confindustria e dei Cobas, dando vita a esilaranti comizi e contro-comizi, interviste e contro-interviste, dichiarazioni e contro-dichiarazioni.
A quarant’anni è contemporaneamente presidente del PRCDP (Partito per il Ritorno del Comunismo Duro e Puro) e del PFNCMD (Partito Fasci-Nazista Clerico Monarchico Dittatoriale). Non sazio, incassa anche le cariche di Papa, Rabbino Capo, Dalai Lama, Amministratore Delegato di Scientology per il sud est asiatico e Generale in capo dell’esercito di Al Quaeda.
Svolge anche attività manageriali nelle principali organizzazioni occulte per la promozione del satanismo nel mondo e riesce ad aprire una Università Cattolico-Satanista in Vaticano, con i fondi destinati alla ricerca sulle malattie rare.
A cinquantasei anni, le sue cariche
e contro-cariche sono diventate così tante e incongruenti che non passa giorno
che, sui telegiornali, Toni venga intervistato, contro-intervistato e costretto
a rilasciare dichiarazioni sempre più pesanti e devastanti contro se stesso.
La vita politica del Paese, per
anni è letteralmente dominata da questa figura che ormai somma su di sé la
maggior parte delle cariche disponibili a tutti i livelli. La cosa va avanti
fino a un favoloso contradditorio “a uno” in prima serata su Porta a Porta, a reti Rai e Mediaset
unificate (nel frattempo, infatti, il patron di Mediaset è schiattato e Toni è
diventato anche presidente dei due poli televisivi più grandi d’Italia). Toni
presenta il programma e dibatte contro se stesso in uno straordinario crescendo
che lo porta a venire alle mani e a strozzarsi. Il suo cadavere è esaminato da
Anton Mastrasabatosanto, il commissario di polizia di fiducia di tutte le
cariche e contro-cariche rappresentate in vita da Toni. Ma per il commissario è
impossibile scoprire CHI ha ucciso CHI.
Il Papa è stato ucciso dal satanista
o viceversa?… Il politico è stato ucciso dal mafioso o viceversa?… Il
capoclasse delle elementari è stato ucciso dal suo secondo o viceversa?
Alla fine, il commissario Anton
Mastrasabatosanto capisce che la vera cosa importante non è risolvere questo
caso. È inutile stare lì a farla tanto lunga, con Toni sono morti tutti.
E, dato che l'attore che ha interpretato tutti i personaggi del film è sempre lo stesso (anche il ruolo del commissario è infatti interpretato da Lello Mastraquaresima), l'unica soluzione è prendere il suo posto. Tanto la gente, ormai assuefatta e completamente rincoglionita, non si metterà neppure il problema di quello che è successo. Anzi, come sempre, nemmeno si accorgerà che è successo qualcosa.
E, dato che l'attore che ha interpretato tutti i personaggi del film è sempre lo stesso (anche il ruolo del commissario è infatti interpretato da Lello Mastraquaresima), l'unica soluzione è prendere il suo posto. Tanto la gente, ormai assuefatta e completamente rincoglionita, non si metterà neppure il problema di quello che è successo. Anzi, come sempre, nemmeno si accorgerà che è successo qualcosa.
domenica 2 febbraio 2014
Non mi piace quello che vedo, e cerco di capirlo...
Riflessioni domenicali su una situazione che mi piace sempre meno, quella del mondo in cui vivo. Quella che vedo intorno a me. Quella delle persone e dei personaggi che in questo mondo agiscono, fanno e subiscono cose.
Naturalmente scrivo quello che mi salta in mente e me ne frega sempre meno di fare i conti con la lunghezza dei post.
Bugie, bugie e ancora bugie.
Viviamo in mezzo alle bugie.
Dentro le bugie. Comunichiamo e ci relazioniamo nelle bugie. Ogni giorno
consumiamo e produciamo una quantità incalcolabile di bugie.
Siamo pieni di bugie.
Cose non vere.
Cose vuote, senza sostanza, senza
valore, senza coraggio, senza idee, senza dignità.
Cose preconfezionate.
Cose pensate da qualcuno che ce
le deve vendere o che ce le regala per ottenere qualcosa in cambio da noi…
voti, sesso, lavoro, accessi in un sito web…
E anche quando le “facciamo in
casa”, ci preoccupiamo che le nostre bugie somiglino sempre più a quelle
preconfezionate che ormai sono le uniche che riusciamo ad accettare e a riconoscere.
Bugie standard.
Bugie targhetizzate per fascia
d’età, genere, condizione sociale, in modo che tutti si illudano di essere
stati loro a sceglierle in base ai loro gusti.
Cose meramente estetiche, “di
facciata”, che servono solo ad allontanarci dal senso del mondo, dal senso
della vita, dal senso delle cose e dal senso di noi stessi.
Imbrogli. Truffe. Falsificazioni.
Mistificazioni.
Ce le raccontiamo con
convinzione. Ce le scambiamo come le figurine mancanti di un album dei
calciatori. Andiamo in crisi di astinenza se, dopo alcuni minuti, non ne
assumiamo di nuove e non le condividiamo con altri, magari sul profilo
facebook.
Respiriamo un’aria satura di
immagini distorte. E non sono nemmeno immagini della realtà, ma di altre
immagini distorte.
Ma questo è diventato il nostro
pane quotidiano e, ormai, non siamo più nemmeno sicuri che siano davvero bugie.
Siamo talmente assuefatti a questo sistema di cose, che ci siamo convinti che
il mondo e le persone siano davvero come li vediamo adesso, come ce li
raccontano alla TV o come ci appaiono dai/nei social network.
I finti guerrieri di eserciti inesistenti e i loro capi.
Siamo lontani dal mondo e da noi
stessi come MAI l’umanità è stata prima d’ora.
Ci affidiamo a un’idea, a un
credo, a una fazione, senza nemmeno prendere informazioni su chi ha “costruito”
la causa che noi abbiamo deciso di sposare, su chi ha deciso la guerra che noi
stiamo andando a combattere, su chi ha preparato la pozione che ci accingiamo a
bere. Non solo. Non sappiamo e non vogliamo sapere nemmeno il perché.
Ci basta questo assurdo e
devastante senso di appartenenza a qualcuno o a qualcosa in modo cieco, sordo e
acritico. Solo per indossare una casacca. Solo per sentirsi parte di qualcosa.
Solo per avere una partita da giocare. Solo per avere la sicurezza che dall’altra
parte della barricata ci sia un nemico da combattere. Salvo poi scoprire, quando
però è troppo tardi, che la barricata in realtà è solo uno specchio e che dall’altra
parte c’è solo la nostra immagine riflessa.
“Matrix” è dentro e fuori di noi.
Siamo cadaveri viventi. Bozzoli in stato di coma controllato da buffoni di 70,
80 e 90 anni ricchi sfondati che ci hanno comandato (e non governato) per oltre
vent’anni, facendo regredire a livelli inverosimili le nostre capacità
critiche, la nostra sete di conoscenza, il nostro consumo e la nostra
produzione di cultura, il nostro bisogno biologico di identità. Mascalzoni,
ladri, truffatori, delinquenti, mafiosi, faccendieri, magnaccia e puttanieri
che hanno cucito un mondo finto, fasullo, bugiardo tutto intorno a noi. Ce lo
hanno cucito di fronte ai nostri occhi, giorno per giorno, in oltre vent’anni.
E noi li abbiamo lasciati fare, perdendo definitivamente la nostra identità, la
nostra capacità di scegliere e di spazzarli via, schiacciandoli come ragni
velenosi. Cioè come quelli che erano e che sono.
Ma ormai è tardi. Troppo tardi.
La loro tela (e le loro “Tele”, pubbliche o private fa lo stesso) ci hanno stretto in una morsa da cui è impossibile liberarci.
La loro tela (e le loro “Tele”, pubbliche o private fa lo stesso) ci hanno stretto in una morsa da cui è impossibile liberarci.
Ci hanno ridotti a larve
dipendenti da loro e dalle loro falsità.
Ci succhiano il sangue per continuare
a trarre la loro forza e, contemporaneamente, continuare a mantenerci deboli. E
intanto continuano a derubarci sotto i nostri stessi occhi. A riempirci la
testa di fandonie. A imboccarci col cucchiaino massicce dosi di distorsione
della realtà.
Nessuna cultura, nessuna memoria, nessun futuro.
Siamo automi privi di umanità.
Ragioniamo e ci esprimiamo in
termini di “numero massimo di battute”, come se fossimo perennemente su un
social network, anche quando discorriamo tra noi durante una pausa caffè. Non
siamo più capaci di orientarci in una discussione articolata. Crediamo di non
avere tempo per noi stessi, per pensare, riflettere, approfondire, conoscere,
discutere, dibattere, studiare, ricercare. Ma abbiamo tempo da buttare per
spettegolare, curiosare a vuoto sulle cose più effimere e inutili delle vite
degli altri, intrattenere rapporti virtuali con gente che non conosciamo e non
conosceremo mai.
Semplifichiamo sempre più il
nostro linguaggio. Eliminiamo parole dal vocabolario. Diamo significati di
comodo alle parole che ci rimangono. Non leggiamo più, a parte le infinite
volgarità che troviamo nella rete. E dalla rete prendiamo solo il peggio.
Non conosciamo il nostro passato.
Non vogliamo più avere un passato. In moltissimi già non ce l’hanno più. Chi di
noi ce lo aveva, lo ha rimosso o fa di tutto per rimuoverlo e rinnegarlo.
Fuggiamo dalle nostre radici come dalla peste. E costruiamo senza fondamenta le
case per i nostri figli e per le generazioni future. Anzi, i porci al potere ci
hanno insegnato a soddisfare ogni nostro appetito con tutto ciò che dovrebbe costituire
il nutrimento, la base e le fondamenta delle generazioni future. E stiamo
consumando tutto questo prezioso cibo, rovinando irrimediabilmente la vita a
chi verrà subito dopo di noi. Questa forma di cannibalismo preventivo sui
nascituri (che poi altri non sarebbero se non i nostri figli, il sangue del
nostro sangue, se ancora il sangue ce lo avessimo) è la fine del mondo. La fine
dell’uomo.
Le nostre colpe e le colpe di coloro a cui ci affidiamo.
E siamo tutti colpevoli. Colpevoli
di aver fatto o di non aver fatto. Di aver lasciato fare. Di aver voltato la
faccia. O di aver fatto finta di niente.
Colpevoli di non aver detto la
nostra. Di non avercela neppure avuta una “nostra da dire”. Di aver scelto o di
non aver scelto, senza capire chi, cosa e perché.
Colpevoli di non mandare al
diavolo chi ci ha portati fino a questo punto.
E, non lo dico certo per
qualunquismo, tutti hanno lavorato per condurci fin qui.
Le “Destre” ingorde e truffatrici;
devastatrici di ambiente, cultura e valori umani; creatrici di illusioni vuote
e di trappole morali; allergiche al rispetto dell’uomo, della donna, del lavoro
e della dignità; idolatri della comunicazione distorta come forma di
accalappiamento delle masse.
I “Centri” amorfi e cerebrolesi;
vetusti e mummificati; privi di idee e di carattere; facili alle collusioni e
alle complicità; banderuole senza palle e senza bussola; dispensatori di nulla e
di modelli aprioristici spesso inutili, quando non mortalmente dannosi.
Le “Sinistre” morte e devastate
da cancrene interne in lotta tra loro per divorare quei pezzetti di speranza (ormai
vana) che ancora resta; inclini anch’esse alle collusioni, alle tangenze
sporche e losche e alle ruberie di bassa lega; incapaci di riconoscere e di difendere
l’umanità del cittadino.
I “Grilli” che cantano sul web,
predicando talvolta anche bene, ma razzolando a vanvera senza arte né parte; casinisti
confusionari e arruffoni; creatori di illusioni virtuali e virtualistiche che nascondono agli occhi del popolo (anche quando
non vogliono) ogni eventuale via d’uscita.
Tutti incapaci di partorire un
vero leader.
Una figura, quella del leader,
che non si è MAI vista in questi ultimi venticinque anni. Li chiamano e li hanno
chiamati leader, ma al massimo sono e sono stati capi (capibanda, capipopolo),
manager, generali, colonnelli, squali, sciacalli, prevaricatori, corruttori,
mafiosi, fantocci creati da un ufficio marketing bene organizzato.
I leader sono ben altra cosa. Sono di ben altra pasta. Sono lontani anni luce da queste pessime figure caricaturali e deprimenti che ricordano solo vagamente, nei loro aspetti decadenti e falsificati, quello che poteva essere (una volta) un essere umano che godeva della fiducia e della stima dei suoi simili.
I leader sono ben altra cosa. Sono di ben altra pasta. Sono lontani anni luce da queste pessime figure caricaturali e deprimenti che ricordano solo vagamente, nei loro aspetti decadenti e falsificati, quello che poteva essere (una volta) un essere umano che godeva della fiducia e della stima dei suoi simili.
Immagini distorte di una realtà che
non c’è più e che, per chi oggi è ancora molto giovane o per chi nascerà
domani, non ci potrà mai essere.
La responsabilità di decidere un futuro.
Dov’è e dove sarà il futuro?
Per conto mio, ogni giorno mi
convinco sempre più che il futuro non è nel web.
Il web è solo uno strumento. Non è
la realtà. Non è la vita. È un dannatissimo strumento nelle mani di chi lo usa.
E non possiamo permettere che sia lui a usare noi, come invece lasciamo che succeda
con i nostri bambini e i nostri ragazzi. Che razza di uomini stiamo diventando?
Dove diamine è finito il nostro senso della responsabilità?
Il futuro dell’uomo, che lo si
voglia riconoscere o meno, è (e sarà) sempre nell’uomo.
Ed è da lì che bisognerebbe
ricominciare per smantellare tutte le strutture fasulle che ci sono state
costruite intorno in questi ultimi venticinque anni.
È da lì che bisogna cominciare
per fare piazza pulita di questi maiali che ci hanno comandato (e non governato),
imponendoci di stare male e di vivere in una condizione di crisi continua e
degenerativa.
Perché, fino a prova contraria,
nessuno di loro è riuscito ad avere un’idea o a compiere un atto concreto che
abbia davvero migliorato qualcosa a qualcuno. Anche di poco.
E non parlo di migliorare le
condizioni pensionistiche dei pluri pensionati d’oro. E nemmeno di migliorare le
possibilità di farla franca per chi esporta illegalmente capitali all’estero.
E sì che basterebbe rimboccarsi
le maniche e riprendere contatto pian pianino con la propria consapevolezza. Un
lavoro lungo, ma diluibile nel tempo, come una cura da fare a piccole dosi ogni
giorno. Una cura che spazzi via per sempre tutte le bugie, le falsificazioni e
le distorsioni che ci circondano, e che ci restituisca il nostro mondo, la
nostra vita e il nostro futuro.
Una cura che ci porti, appunto, a
riappropriarci ciascuno della consapevolezza di sé.
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